Attraverso l’analisi delle cartelle cliniche di 72 pazienti con paralisi cerebrale infantile che periodicamente afferiscono presso l’UOS di Odontoiatria di Comunità, del Presidio Ospedaliero di Piove di Sacco (Azienda ULSS 6 Euganea), sono state valutate le diverse tipologie di interventi odontoiatrici a cui questi pazienti sono stati sottoposti. Quali elementi vengono trattati con maggiore frequenza? Quale tipologia di cure viene applicata? Quali casi hanno richiesto tecniche di narcosi in anestesia generale? Una valutazione generale utile all’odontoiatra che si approccia alla gestione ambulatoriale di questa tipologia di pazienti.
Claudio Gallo*, Irene Pastore**, Francesco Rodeghiero***
*Responsabile UOS di Odontoiatria di Comunità, presidio ospedaliero di Piove di Sacco (PD)
**Odontoiatra, libero professionista, Padova
***Odontoiatra, libero professionista, Vicenza
Riassunto
La paralisi cerebrale infantile è un insieme di disordini dello sviluppo del movimento e della postura che comporta una limitazione dell’attività. Presso il presidio ospedaliero di Piove di Sacco (Padova, Regione Veneto, Azienda ULSS 6 Euganea) si sono analizzate le cartelle dei 72 pazienti con paralisi cerebrale infantile che periodicamente afferiscono all’Unità Operativa di Odontoiatria di Comunità. Nel presente lavoro sono stati considerati i pazienti che hanno dovuto sottoporsi a intervento chirurgico, il numero di volte, i motivi, gli elementi dentari che sono stati coinvolti nella terapia, la tipologia di farmaci assunti. Dai dati è emerso che il 45,8% di loro necessita di essere sottoposto ad almeno un intervento in anestesia generale per effettuare dei trattamenti odontoiatrici. Le motivazioni principali che hanno portato alla necessità di effettuare la narcosi sul paziente sono: sepsi del cavo orale (47,92%) e carie (16,67%); negli altri casi erano i due motivi combinati tra loro o associati ad altri. Per il 92,9% dei denti decidui si è optato per l’estrazione, mentre gli elementi permanenti sono stati trattati con restauri conservativi nel 68,6% dei casi o estratti nel 25,4%. Il 49% dei denti trattati sono molari, a seguire premolari, incisivi e canini. Il 69,8% dei pazienti assume farmaci antiepilettici che possono portare ad ipertrofia gengivale. Si può dunque capire come in poco più della metà dei casi la gestione ambulatoriale sia sufficiente e come sia importante puntare su una corretta igiene orale sia domiciliare che professionale.
Nonostante la diversità apparente delle definizioni che si possono trovare in letteratura, riusciamo a evincere alcune caratteristiche proprie del quadro clinico definito come “paralisi cerebrale infantile”: essa è dovuta a danni al sistema nervoso centrale nei primi anni di vita, non è progressiva, ovvero non peggiora nel tempo e si manifesta clinicamente con problematiche di tipo muscolare1-5.
La paralisi cerebrale infantile presenta un’incidenza a livello mondiale di 1,2-3,6 bambini su 1.000 nati vivi. In Italia i bambini colpiti sono 2 su 1.000 nati; in totale possiamo contare circa 50.000 bambini che presentano questa patologia. A livello mondiale le persone che portano le conseguenze fisiche della paralisi cerebrale sono 17 milioni6.
La nascita prematura è, da sola, il più importante fattore di rischio per lo sviluppo della paralisi cerebrale. Nei bambini nati sottopeso il rischio di presentare tale patologia è del 4-10%, mentre la percentuale di rischio nei neonati a termine è solamente dell’1,0-1,5 per 1000 nati vivi. I bambini nati a 24-26 settimane di gestazione possono avere una probabilità di sviluppare paralisi cerebrale pari al 20%.
I pazienti presentano un aumento dell’incidenza di malocclusioni (59-91%), traumi dentari (57%), digrignamento e serramento, carie dentali, scialorrea (10-58%), igiene orale, erosione dentale, difetti dello smalto, lesioni della mucosa autoindotte, disordini temporomandibolari7,8.
Obiettivi
In questo elaborato viene fatta una valutazione generale circa gli aspetti odontoiatrici riguardanti i pazienti affetti da paralisi cerebrale infantile. Viene verificata la necessità di trattamento di tali pazienti, quali cure vengono loro eseguite e se abbisognano di terapia facendo ricorso alle tecniche di narcosi in anestesia generale.
Nel caso in cui dovessero essere sottoposti a un trattamento in sala operatoria, si cerca di capirne la motivazione e il tipo di diagnosi, che viene fatta affinché venga giustificato l’intervento. Si considera quante volte i pazienti sono stati sottoposti a un intervento in anestesia generale durante la loro vita, quali elementi vengono trattati con maggiore frequenza e che tipologia di cure viene applicata.
Si considerano inoltre le tipologie di farmaci assunti abitudinariamente da parte dei pazienti per capire se possono dare effetti indesiderati a livello del cavo orale. Con le informazioni raccolte si è cercato di stilare delle linee guida che possano essere d’ausilio all’odontoiatra che si approccia alla gestione ambulatoriale di questa tipologia di pazienti.
Materiali e metodi
Per raccogliere le informazioni necessarie per la compilazione di questo lavoro si è utilizzato il motore di ricerca PubMed inserendo delle parole chiave secondo il procedimento che si andrà a spiegare.
Si volevano visionare articoli che parlassero della necessità di trattamento in anestesia generale di pazienti con paralisi cerebrale infantile in ambito odontoiatrico. Ma si sono dovuti scartare tutti gli articoli trovati perché non soddisfacevano i criteri di inclusione9-12.
Per la stesura dell’introduzione ci si è basati principalmente su testi di neurologia, pediatria e di odontoiatria speciale. Per la raccolta dei dati utili al completamento del lavoro sono state consultate, durante l’anno 2016, le cartelle cliniche dell’ambulatorio di Odontoiatria di Comunità dell’Ospedale di Piove di Sacco, ricercando tra queste quelle appartenenti a pazienti affetti da paralisi cerebrale. Di questi pazienti, non si sono considerati coloro che hanno sviluppato la malattia a causa di eventi traumatici in età post-neonatale, arrivando così a selezionare 72 pazienti di cui 53 affetti da tetraparesi spastica.
Successivamente si è controllato chi fosse stato o meno sottoposto a intervento chirurgico, per quante volte e per quale motivo, che tipo di trattamento si sia svolto e quanti e quali denti siano stati coinvolti nella cura; nel caso in cui un paziente sia stato sottoposto a più interventi chirurgici e nei diversi atti operatori si sia curato lo stesso dente si è tenuta in considerazione solo la cura più recente di quell’elemento.
Si è preso in considerazione se i pazienti assumevano farmaci e, nel caso in cui li assumessero, quali, escludendo quelli somministrati al bisogno o i medicinali sospesi. Dai dati ricavati si sono potute fare delle considerazioni.
Presentazione dei dati
La gestione ambulatoriale dei pazienti affetti da paralisi cerebrale non è semplice, tuttavia bisogna fare delle precisazioni e delle considerazioni sui dati raccolti.
La collaborazione dei pazienti varia in rapporto alla gravità della patologia: si possono identificare pazienti a cui è stata diagnosticata la paralisi cerebrale infantile, che tuttavia possono condurre una vita autonoma ed essere collaboranti alla poltrona; altri casi in cui la patologia è presente in maniera importante, costringendo i pazienti a rimanere seduti su sedie a rotelle e a dipendere da altre persone per la gestione dei propri bisogni.
Si può facilmente comprendere che il trattamento della prima tipologia di pazienti può essere assimilabile a quello applicato alla popolazione generale; nel secondo caso la situazione cambia drasticamente: solitamente questa tipologia di pazienti presenta disfagia e quindi costringe l’odontoiatra ad assumere spesso posizioni scomode per evitare che l’acqua usata per raffreddare la punta del manipolo utilizzato vada ad impegnare le vie aeree.
La posizione obbligata dei pazienti non consente una visione ottimale del campo, peggiorata ulteriormente da continue contratture muscolari, che li portano a serrare i denti anche durante il trattamento odontoiatrico. Quest’ultimo aspetto porta anche a prestare una maggiore attenzione all’utilizzo, per esempio, del manipolo ablatore sulle superfici linguali e palatali dei elementi dentari per evitare che il paziente rischi di far penetrare la punta all’interno dei tessuti molli orali danneggiandoli e aggravando una situazione magari già compromessa; per questo motivo molte volte non si riesce a eliminare completamente il tartaro sul versante interno delle arcate dentarie, causandone così una permanenza prolungata. Si rende evidente come tale situazione non si possa considerare ottimale, ma l’unica a livello ambulatoriale che possa dare un po’ di sollievo ai pazienti, proprio a causa della loro scarsa collaborazione per le prestazioni odontoiatriche. È anche consigliato l’uso della cannuccia aspirasaliva priva del cappuccio per evitare che il paziente lo trattenga con i denti e successivamente lo ingoi.
Eseguire trattamenti di tipo conservativo a livello ambulatoriale in questi soggetti è molto difficile, se non impossibile, e nei casi in cui si riuscisse a eliminare il tessuto cariato non sarebbe possibile eseguire una cura conservativa definitiva a causa della presenza di un ambiente umido non isolabile con la diga e difficile da tenere asciutto anche con altri dispositivi quali la cannuccia raccoglisaliva e i rulli di cotone; si opta quindi per restauri di tipo provvisorio, magari contenenti agenti medicanti, per tamponare la situazione; molte volte il ricorso ai materiali da otturazione provvisori è la migliore soluzione che si possa adottare perché sufficientemente resistenti e duraturi, arrestando o comunque rallentando il decorso della carie.
La detartrasi è assolutamente necessaria per il mantenimento dello status quo, ma non sempre sufficiente, poiché molti altri fattori possono influire sulla formazione delle carie: tra questi, l’adozione di una dieta semiliquida e zuccherina, la difficoltà di esecuzione di un’igiene orale domiciliare adeguata, il ristagno di saliva a livello orale e la mancanza di umettazione dovuta alla respirazione orale ove il liquido salivare non ristagna. Si può, dunque, giungere al momento in cui un intervento si rende necessario e non si può intraprendere una strada diversa dalla narcosi.
Dei 72 pazienti selezionati tra coloro che periodicamente afferiscono presso l’Unità Operativa di Odontoiatria di Comunità di Piove di Sacco, 33 presentavano la necessità di sottoporsi ad almeno un intervento chirurgico, data la difficoltà di trattamento in poltrona e l’evidente compromissione della salute orale, mentre per 38 di essi è stata sufficiente la gestione ambulatoriale dei problemi che presentavano a livello della cavità orale.
Nonostante fosse stato consigliato l’intervento in narcosi, un paziente non è stato sottoposto al trattamento in anestesia generale, poiché i genitori temevano si rendesse necessaria l’esecuzione di una tracheostomia e non hanno voluto correre il rischio.
Si può, quindi, enunciare che il 45,8% dei pazienti affetti da paralisi cerebrale infantile del gruppo preso in esame abbiano manifestato una situazione clinica tale da rendere necessario un intervento in anestesia generale; nel 52,8% dei casi sono state sufficienti le cure ambulatoriali; nell’1,4% non è stato dato il consenso da parte dei genitori di procedere con l’intervento.
Dei 33 pazienti che hanno dovuto intraprendere la strada dell’anestesia generale, 20 (60,6%) hanno subito un solo intervento, 10 (30,3%) sono stati sottoposti a 2 interventi, 1 (3%) a 3, nessuno a 4, e 2 pazienti (6,1%) a 5 interventi in anestesia generale.
Degli interventi eseguiti presso l’Ospedale di Piove di Sacco le motivazioni che ne hanno giustificato l’esecuzione sono i seguenti:
- sepsi del cavo orale (47, 92%);
- carie (16,67%);
- carie e disturbi di eruzione (4,16%);
- carie e ascessi (4,16%);
- disturbi di eruzione (4,16%);
- carie dei solchi (2,08%);
- carie e sepsi del cavo orale (2,08%);
- sepsi del cavo orale e disturbi dell’eruzione (2,08%);
- altro (2,08%).
Dai dati emerge come la sepsi del cavo orale sia la principale causa che porta il paziente a subire un intervento in anestesia generale che, se sommato alle voci dove è associata ad altre motivazioni, supera la metà dei casi.
Questo è spiegabile dal fatto che non è possibile addormentare il paziente ogni qualvolta venga richiesto un intervento per migliorare la sua salute orale, ma solo quando questo dovesse rendersi necessario e, quindi, i benefici dell’operazione superano i rischi.
In questi interventi sono stati trattati in tutto 327 denti di cui 28 (8,6%) decidui. I dati raccolti mostrano come, nel caso dei denti decidui, la scelta della cura sia più radicale per il fatto che questi saranno poi sostituiti dai denti permanenti che, invece si cerca di mantenere con cure conservative. Nel primo caso, infatti, il 92,9% degli elementi decidui è stato estratto (Figura 1), a differenza degli elementi definitivi per i quali si scende al 25,4%, mentre il 68,6% di questi ultimi sono stati sottoposti a cure conservative, il 3% a cure endodontiche, al 2,3% è stata effettata la sigillatura dei solchi e nello 0,7% dei casi si è effettuato lo scappucciamento degli elementi dentari (Figura 2).
Se le cure effettuate vengono divise non per tipologia di cura, ma per la tipologia di elementi trattati, si ottengono i seguenti risultati (Figura 3):
- canini (4%);
- terzi molari (6%);
- incisivi centrali (8%);
- incisivi laterali (10%);
- secondi premolari (14%);
- primi premolari (15%);
- secondi molari (20%);
- primi molari (23%).
Gli elementi posteriori sono generalmente i più colpiti per diversi motivi:
- la difficoltà di raggiungerli con lo spazzolino durante la pulizia domiciliare a causa della scarsa collaborazione del paziente;
- il ristagno di saliva a livello degli elementi inferiori dovuto alla posizione che assumono i pazienti seduti in carrozzina;
- la secchezza della superfici dei denti dell’arcata superiore poiché non sono detersi dal liquido salivare e il paziente presenta una respirazione orale;
- le funzioni parafisiologiche come il serramento che accompagnano la maggior parte dei pazienti durante la loro vita che comportano usura del dente e a volte perdita di frammenti di tessuto dentario;
- la complessità dell’anatomia e una superficie maggiore rispetto agli altri elementi dentari.
D’altro canto anche il coinvolgimento dei denti anteriori non è raro, perché spesso i pazienti presentano incompetenza labiale e morso aperto, venendo così a mancare la protezione del labbro, rendendo quindi tali elementi dentari più suscettibili ai traumi fisici.
In base alla gravità della patologia e alle varie manifestazioni che questa può avere, alcuni pazienti presentano anche la necessità di assumere farmaci per controllarle.
Vediamo allora che 19 pazienti su 72 non assumono farmaci (26,4%), 14 (10,1%) ne assumono uno, 17 (23,6%) pazienti ne assumono due, 11 (15,3%) prendono tre specialità medicinali, 6 (8,3%) arrivano a quattro farmaci diversi, 2 (2,8%) fino a cinque, altri 2 (2,8%) a sei e 1 solo a sette.
Dei 53 pazienti che ne assumono, 37 (il 69,8%) assumono farmaci antiepilettici; di questi, 22 (59,5%) assumono solo un farmaco antiepilettico, 13 (35,1%) ne prendono di due tipi differenti, a 2 (5,4%) sono state prescritte tre specialità medicinali diverse. Come è noto, i farmaci antiepilettici in generale, e in particolar modo quelli a base di fenitoina, possono causare ipertrofia gengivale che, associata alla presenza di placca dovuta alla scarsa igiene orale, può in alcuni casi richiedere un intervento chirurgico finalizzato all’asportazione del tessuto gengivale in eccesso praticando quindi una gengivectomia e una gengivoplastica.
Conclusioni
Dai dati presentati si può evincere come in poco più della metà dei casi una buona gestione ambulatoriale, supportata da un buona igiene orale domiciliare, siano sufficienti al mantenimento di un adeguato stato di salute orale.
Nel caso in cui questo non sia possibile, attraverso l’intervento in anestesia generale si cerca tuttavia di effettuare terapie conservative dando la possibilità a questi pazienti di mantenere integro il più possibile l’apparato stomatognatico.
La presenza degli elementi dentali nel cavo orale permette loro di mantenere una discreta vita sociale che sarebbe, infatti, nettamente peggiorata da un’edentulia anche parziale, specialmente a carico del gruppo incisivo superiore.
A tal riguardo si deve spiegare anche ai genitori come sia fondamentale l’igiene orale domiciliare, nella speranza che le informazioni vengano recepite e messe in pratica e che il paziente, crescendo, diventi sempre più collaborante alle routinarie manovre di spazzolamento degli elementi dentali e del parodonto. Infatti la collaborazione all’igiene orale quotidiana del paziente predispone anche alla collaborazione alle eventuali terapie preventive professionali in ambito ambulatoriale.
Corrispondenza
irene.pastore@libero.it
Dental care in patients with cerebral palsy
Summary
Cerebral palsy consists of a group of brain disorders involving movement and posture causing limitation of activity. Patients with cerebral palsy need dental care as well as all other people. We analysed the medical records of 72 patients with this kind of disease whom are visited at Piove di Sacco Hospital (Padua, Veneto Region, Azienda ULSS6 Euganea) at Community Dental Service. We have evaluated who had to undergo surgery, how many times, why, which teeth were treated, which drugs they took. Working out collected data we can affirm that 45.8% of these patients needed surgery for dental treatments. 60.6% of them needed surgery only once, 30.3% needed it twice, the others needed it between 3 and 5 times. Patients had to undergo surgery because they had sepsis of the mouth (47.92%), and decays (16.67%); in the rest of cases the causes of surgery were the combination of the two or of other reasons. Of milk teeth 92.9% were extracted. Of adult teeth only 25.4% were extracted, 68.6% were filled. 49% of treated teeth were molars; in descendent order we can found premolars, incisors and canines. 69.8% of patients took antiepileptic drugs which could have developed gingival hypertrophy. We can understand how, in most cases, the treatment of those patients in a dental office (not only in a hospital structure) can be enough, and how focusing on a correct oral hygiene, both at home and at the dentist’s, is really important.
- Swaiman KF, Ashwal S, Ferriero DM, Schor NF. Swaiman’s Pediatric neurology, principles and practice. Elsevier, 2012.
- Walton J. Brain’s Diseases of the Nervous System. Oxford Medical Publications, 1993.
- Nelson. Trattato di Pediatria. Minerva Medica, 1997.
- Cacciari E. Principi e Pratica di Pediatria. Monduzzi Editore, 1999.
- Rudolph CD, Rudolph AM, Lister GE, et al. Rudolph’s Pediatrics. McGraw Hill Medical, 2011.
- http://www.fondazioneariel.it/domande-e-risposte.html. Consultato in data 08/06/2017.
- Sehrawat N, Marwaha M, Bansal K, et al. Cerebral palsy: a dental update. Int J Clin Pediatr Dent. 2014 May-Aug; 7(2): 109–118.
- Raimondo E. Odontoiatria speciale per il paziente critico e diversamente abile. Edi. Ermes, 2013.
- Loo CY, Graham RM, Hughes CV. The caries experience and behaviour guidance of dental patients with autism spectrum disorder. J Am Dent Assoc. 2008;139:1518-1524.
- Loo CY, Graham RM, Hughes CV. Behaviour guidance in dental treatment of patients with outism spectrum disorder. Int J Clin Pediatr Dent. 2009;19:390-398.
- Asahi Y, Omichi S, Adachi S, et al. Ventilation via cut nasotracheal tube during general Anesthesia. Anesth Prog. 2013 Spring; 60(1):11-14.
- Rada R, Bakhsh HH, Evans C. Orthodontic care for the behavior-challenged special needs patient. Spec Care Dentist. 2015 May-Jun;35(3):138-142.