Testimone e protagonista della più moderna odontoiatria

Marco Martignoni

Ė Marco Martignoni, figlio d’arte, romano, classe 1962. In questa lunga intervista racconta il rapporto con il padre, il suo primo maestro, gli incontri con i personaggi più illustri dell’odontoiatria mondiale, ma anche la scelta di seguire autonomamente la sua strada, che l’ha portato sino ai vertici della Società Italiana di Endodonzia.

Essere figlio d’arte non è un merito, né una colpa: semmai è un destino che Marco Martignoni ha saputo vivere con equilibrio e intelligenza. La scelta di seguire, seppur solo in parte e in modo del tutto autonomo, le orme del padre, il Professor Mario Martignoni, un nome illustre dell’odontoiatria italiana, la matura a 18 anni, quando, in occasione di un Expodental a Milano, vede per la prima volta suo padre nella veste di odontoiatra. Affascinato da questo mondo, decide di intraprendere gli studi in questa disciplina, anche per stargli vicino, ammette, dato che la sua professione lo aveva tenuto lontano dalla vita familiare. Si laurea con lode all’Università di Chieti nel 1988, frequenta il reparto di continuing education di Herbert Schilder presso la Boston University, poi il centro corsi di Cliff Ruddle in California.  Libero professionista nella sua città natale, Roma, insieme al fratello Massimiliano, la sua “punta di diamante”, dice, dedica il suo tempo all’endodonzia, alla ricostruttiva pre-protesica e al restauro protesico. Ė autore di pubblicazioni riguardanti la ricostruzione dei denti trattati endodonticamente e relatore a convegni nazionali e internazionali. Socio fondatore dell’Accademia Italiana di Odontoiatria Microscopica, membro onorario della Società Francese di Endodonzia, è stato presidente del congresso dell’European Society of Endodontology nel 2011 a Roma e Presidente della Società Italiana di Endodonzia (SIE) nel triennio 2011-2013.

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Dottor Martignoni, qual è stata la peculiarità della sua formazione?

Innanzitutto, quella di essere stato allievo di grandi maestri, ma anche e soprattutto di mio padre, e questa è stata davvero una fortuna. Basti pensare che la maggior parte dei grandi nomi dell’odontoiatria, persone che ho incontrato e conosciuto nello studio di mio padre quando ero ancora un ragazzino, mio padre l’ha avuto come maestro. Poi, l’altra cosa stimolante è che ho cominciato la professione odontoiatrica in un certo senso al contrario rispetto a quello che accade a un dentista, perché mi sono trovato per prima cosa ad affrontare la gnatologia, anziché la conservativa.

Questo percorso l’ha avvantaggiata?

Sì, mi ha aiutato a non dimenticare che i denti esistono principalmente per masticare e noi li curiamo essenzialmente con questo obiettivo.

Perché a volte i pazienti se ne dimenticano….

Sì, l’estetica oggi la fa da padrona, anche se bisogna riconoscere che questo aspetto, insieme a quello della fonazione, ha comunque una rilevanza anche sotto il profilo funzionale. In ogni caso, oggi, i materiali nell’estetica ci aiutano molto e sono proprio lo studio e la ricerca dei nuovi materiali che ho imparato da mio padre negli anni ’80. Inoltre, lui utilizzava già il microscopio operatorio e faceva ricerca interna, oltre a poter contare su un laboratorio di ricerca universitario: ha messo in condizioni me e mio fratello Massimiliano, la mia punta di diamante, di poter contare su un piccolo laboratorio di ricerca per poter fare indagini in microscopia ottica con forti ingrandimenti. Così, oltre ad averci appassionato a questa professione in termini di servizio clinico, ci ha trasmesso anche la passione per l’indagine e soprattutto per la ricerca dei materiali che devono rispondere alle nostre aspettative, perché l’odontoiatria oggi è cambiata in virtù dei materiali e non soltanto degli strumenti.

Com’è entrata nella sua vita professionale la Società Italiana di Endodonzia?

Una volta tornato dagli Stati Uniti ho cominciato a praticare l’endodonzia nello studio di mio padre e con grande soddisfazione ho potuto presentare i casi per diventare socio attivo della Società Italiana di Endodonzia. Nel frattempo, ero già stato al centro di Cliff Ruddle, un grande personaggio dell’endodonzia moderna, con cui poi ho stretto un’amicizia basata su una reciproca affinità: io avevo trovato un valido maestro, grazie a lui sono riuscito a migliorare le mie conoscenze, mentre lui mi ha sempre dimostrato grande amicizia. All’interno della SIE ho iniziato il mio iter da conferenziere e poi durante le votazioni in un congresso di Torino sono stato eletto nel Consiglio Direttivo e in seguito sono diventato Presidente dal 2011 fino al 2013.

A proposito di endodonzia, come sta questa disciplina?

Bene, è progredita molto in questi ultimi decenni, ancora una volta grazie all’evoluzione dei materiali e ai sistemi di ingrandimento.

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L’endodonzia oggi è diventata una pratica che, a mio modo di vedere, per l’80% potrebbe essere esercitata da qualunque dentista che impari a utilizzare degli strumenti che sono ormai di alto livello, mentre una volta era esercitata da superspecialisti che oggi si occupano di trattamenti o di casi particolarmente complicati: un ambito che non supera il 10% dei casi.

L’endodonzia ha subìto danni dall’implantologia?

All’inizio, sì, perché talvolta l’overtreatment implantare ha portato a estrazione dei denti integri per il rimpiazzo implantare, mentre credo che oggi l’atteggiamento sia completamente diverso. Gli implantologi riconoscono ai denti naturali valore, laddove ci siano le condizioni per poterli riabilitare alla loro funzione. Parallelamente, credo che in futuro vedremo un aumento del successo endodontico in termini di statistiche, perché l’endodonzia si pratica solo ed esclusivamente su quei denti che offrono garanzie di utilizzo per la masticazione.

A suo avviso, tra gli specialisti, c’è comunicazione?

Non abbastanza, d’altronde, come si dice, “quando si ha in mano un martello, tutto sembra un chiodo”: in altre parole, ciascun professionista tende a far prevalere la propria specialità. In realtà, i piani di cura dovrebbero essere pianificati in maniera collegiale sia da un implantologo che da un restauratore, magari con il consenso di un paradontologo e di un endodontista, perché è importante e necessario attuare un piano di valutazione globale del paziente. Ė sempre bene considerare diversi fattori come l’età, il sistema masticatorio, lo stato di salute della bocca, ma anche le richieste del paziente e le sue possibilità economiche. Credo che se i dentisti imparassero a redigere con maggior attenzione i piani di trattamento, probabilmente si troverebbero in una condizione migliore, anche di fronte alla decisione se posizionare un impianto o eseguire un qualsiasi altro trattamento.

Come mai il mondo universitario non è mai entrato nella sua vita?

È una domanda che anch’io mi pongo spesso. In realtà, la possibilità di seguire la carriera universitaria sfumò quando iniziai ad avere i miei primi pazienti nello studio di mio padre e quando andai negli Stati Uniti.

Forse ha voluto anche mantenere una certa distanza da suo padre per seguire la sua strada in maniera autonoma…

Sì, è vero, mio padre, nonostante la sua assenza, è tuttora un personaggio molto “ingombrante” e a volte risulta imbarazzante presentarsi con il mio cognome: è inutile nasconderlo, in un ambiente universitario forse sarei stato tacciato come il figlio del Professor Martignoni e probabilmente non sarei mai riuscito a smontare il pensiero che lui mi avesse aiutato a inserirmi in quel mondo. Per il resto, credo di essere stato più fortunato che penalizzato dall’essere figlio d’arte, perché ho avuto la possibilità di confrontarmi a tu per tu con maestri come Herbert Schilder, Henry Goldman, Peter Thomas, colossi dell’odontoiatria. Basti pensare che ho ricevuto gli insegnamenti della modellazione occlusale direttamente da Peter Thomas: ancora oggi conservo un set di strumenti d’oro autografati di suo pugno che mi regalò in segno di amicizia.

In tutti questi anni di professione, qual è stata la soddisfazione più grande?

Essere stato presidente di una società scientifica, la SIE, riconosciuta a livello internazionale. Sono stato invitato in tutto il mondo a partecipare a conferenze con i grandi nomi dell’odontoiatria e questo per me è stato un grande risultato. Durante la mia presidenza abbiamo organizzato a Roma, nel 2011, il congresso della Società Europea di Endodontologia: è stato il coronamento di un percorso che non poteva concludersi meglio di così….

Il prossimo 3 ottobre sarà a Milano, tra i relatori del convegno organizzato da Il dentista moderno: di cosa parlerà?

Parlerò dell’endodonzia moderna nel piano di trattamento, di cosa è possibile offrire oggi al paziente. La moderna odontoiatria restaurativa ha raggiunto frontiere un tempo considerate inarrivabili. In passato nessuno avrebbe immaginato che un giorno sarebbe stato possibile offrire una terapia endodontica rapida e indolore. Oggi, invece, grazie ai sistemi CAD-CAM, è possibile realizzare un restauro definitivo di un elemento mentre lo stiamo trattando e le terapie sono sempre più conservative, e questo, per chi come me pratica l’endodonzia, credo rappresenti la vera conquista dell’odontoiatria.

Testimone e protagonista della più moderna odontoiatria - Ultima modifica: 2014-06-27T08:42:24+00:00 da Redazione