Con l’introduzione della penicillina e di altri antibiotici pensavamo finalmente di avere vinto la nostra battaglia contro le malattie infettive. Dopo circa 50 anni le nostre illuministiche certezze sono messe in profonda crisi dall’antibioticoresistenza. Batteri una volta sensibili ad alcune classi di antibiotici sono diventati resistenti e costituiscono un grave rischio per la salute della popolazione.
Abuso e consumo inappropriato di antibiotici sono alla base dell’antibioticoresistenza. I dati dell’AIFA, Agenzia italiana del farmaco, (L’uso degli antibiotici in Italia - Rapporto Nazionale - Anno 2017) ci dicono che l’85% della somministrazione di antibiotici riguarda medicinali erogati dal SSN e il 90% avviene attraverso le prescrizioni del medico di base e quindi in ambito extraospedaliero: noi dentisti dovremmo almeno in parte rientrare in questa statistica.
Il consumo di antibiotici non è omogeneo nel Bel Paese e ha un minimo a Bolzano e un massimo di quasi il doppio in Campania e anche queste sono stranezze del regionalismo sanitario che diventa regionalismo terapeutico.
A livello europeo siamo superati nell’uso degli antibiotici solo dalla Spagna e dalla Francia.
Molto ci resta da fare quindi per avvicinarci ai paesi più virtuosi e per evitare le gravi conseguenze di questa sovraesposizione della popolazione alla terapia antibiotica che, tra le altre cose, comporta enormi costi in ricerca di nuove molecole sempre più sofisticate. L’Italia detiene anche il triste record negativo di 10.000 (33.000 in tutta Europa) morti da resistenze agli antibiotici, con circa 500.000 persone che annualmente contraggono infezioni ospedaliere da germi resistenti come la klebsiella e lo stafilococco aureo.
Insomma, consumiamo più antibiotici e abbiamo più decessi da antibioticoresistenza. Mi sembra che non sia un dato di difficile interpretazione! Un importante contributo per ridurre gli effetti drammatici dell’antibioticoresistenza dovrà venire da un impegno del mondo della ricerca e delle istituzioni della classe medica per promuovere campagne di divulgazione sull’uso appropriato della terapia antibiotica. E qui dovemmo chiederci siamo pronti noi dentisti?
Anche in campo odontoiatrico, oggigiorno vi è la tendenza a una prescrizione antibiotica più controllata e responsabile, limitandone sempre di più l’impiego a indicazioni strettamente necessarie e mirate, sia a scopo profilattico che terapeutico: gli odontoiatri sono portati a interrogarsi circa i rischi e i benefici del loro impiego. Dobbiamo essere costantemente a conoscenza e in continuo aggiornamento circa i protocolli da applicare ai nostri pazienti. Tuttavia, bisogna tenere presente che le raccomandazioni ufficiali non possono sostituire il giudizio clinico.
Potrebbe essere interessante promuovere una ricerca indipendente per valutare l’effettiva indicazione alla terapia antibiotica in campo odontoiatrico dove si hanno dati certi con una certa difficoltà vista l’ambito privato in cui si svolgono. Credo che produrre e seguire le linee guida alla terapia antibiotica non possa più essere considerato una limitazione della libertà dell’odontoiatra dato gli effetti che può avere sulla salute generale della popolazione una terapia antibiotica non giustificata.
Nel 2050, secondo recenti studi, le infezioni da batteri resistenti agli antibiotici uccideranno più del cancro. Siamo pronti noi dentisti a fare la nostra parte in questa battaglia?