I disturbi temporomandibolari sono spesso associati all'acufene. Tuttavia, nella ricerca dei collegamenti tra i disturbi temporomandibolari (TMD, temporo-mandibular disorders) e l'acufene somatosensoriale, emerge una variabilità notevole nella letteratura. Un gruppo di ricercatori dell'Università degli Studi di Milano ha voluto fare un po' di chiarezza. Indagando la prevalenza dei TMD tra i pazienti affetti da acufene somatosensoriale e, viceversa, l'incidenza dell'acufene somatosensoriale tra i pazienti con TMD. Per poi pubblicare i risultati sul Journal of Oral Rehabilitation.
Come si è svolta la ricerca
Per condurre lo studio, i ricercatori milanesi hanno coinvolto due gruppi di pazienti. Il primo, il gruppo audiologico, era composto da individui con acufene somatosensoriale, mentre il secondo, il gruppo stomatologico, includeva pazienti con TMD. Hanno escluso le cause comuni di acufene, come i disturbi uditivi e neurologici, nonché gli acufeni di origine cervicogenica. La valutazione si è basata su diversi sintomi associati ai TMD, come i rumori articolari e il dolore articolare.
I risultati dello studio
I risultati della ricerca mostrano che tra i pazienti del gruppo audiologico, il 97,8% presentava una diagnosi di TMD, con sintomi quali rumori dell'ATM (articolazione temporo-mandibolare) in quasi l'80% dei casi, serramento dentale nell'87,2% e dolore nell'ATM nel 14,8% dei pazienti. Nel gruppo stomatologico, il 64% dei pazienti manifestava rumori articolari, il 56% serramento dentale e l'84% dolore nell'ATM. Inoltre, è stato diagnosticato l'acufene somatosensoriale in circa il 24% dei pazienti del gruppo stomatologico.
Nuove evidenze sui disturbi temporomandibolari
La ricerca condotta dall'Università degli Studi di Milano ha evidenziato una frequente associazione tra i TMD e l'acufene somatosensoriale. È emerso tuttavia che i sintomi dei TMD, come i rumori articolari e il dolore, differiscono tra i due gruppi di pazienti. Secondo i ricercatori, alla luce di quanto è emerso dallo studio, sarebbero necessarie ulteriori ricerche per consolidare queste scoperte e per sviluppare protocolli di trattamento basati sull'evidenza scientifica. Troppo spesso, infatti, la cura di questi disturbi è affidata prevalentemente all'esperienza del singolo clinico, più che ai dati condivisi dalla comunità scientifica di cui si sente un grande bisogno.