Effetto in vivo di due sistemi di sbiancamento professionali sulla superficie smaltea: studio morfologico e profilometrico

Le richieste di trattamenti estetici da parte dei pazienti sono notevolmente aumentate e le procedure di sbiancamento sono diventate estremamente diffuse. Lo sbiancamento di denti vitali con perossido d’idrogeno o di carbamide può essere effettuato con tecniche domiciliari (nightguard vital whitening) o con agenti sbiancanti ad alta concentrazione per applicazioni professionali (in office power whitening)1-3Studi precedenti hanno valutato le concentrazioni di perossido, i tempi e i modi di applicazione necessari al fine di ottenere l’effetto sbiancante più adeguato in relazione a diverse situazioni cliniche1-3. L’opinione attuale è che lo sbiancamento dentale sia un trattamento efficace: ciononostante, gli effetti collaterali degli agenti sbiancanti sui tessuti dentali non sono stati ancora del tutto chiariti. L’ipotesi di alterazioni dello smalto successive allo sbiancamento è controversa, sebbene numerosi studi abbiano indagato la formazione e la durata di queste alterazioni (tabella 1)4-42. La maggior parte degli studi, infatti, sono stati effettuati in vitro, spesso con risultati diversi in relazione alle diverse condizioni sperimentali, gli aspetti morfologici e le proprietà meccaniche valutate.

tabella1Le differenze principali tra i diversi studi sono:

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  • il tipo di sperimentazione (in vitro o in vivo);
  • la dimensione del campione;                                          
  • il tessuto valutato (smalto umano o bovino);                                     
  • la preparazione del tessuto (smalto integro o lucidato);                        
  • il tipo di analisi eseguita (test meccanici o analisi morfologica);                         
  • l’agente sbiancante impiegato (perossido d’idrogeno o perossido di carbamide);
  • la concentrazione e formulazione del prodotto (gel o soluzione);
  • la durata dello sbiancamento.                                            

Anche i metodi di valutazione variano nei diversi studi, con protocolli basati sulla microscopia elettronica a scansione (SEM)20-21,27,30-31,34,36,38, test di microdurezza9,11,14,36,38,40, tecniche profilometriche4,15,18,34,36,38-39, analisi spettrometrica a emissione plasma-atomica associata alla cromatografia37, spettroscopia a infrarossi correlata all’analisi a raggi X41, microscopia a forza atomica10,28 e tecniche di nanoindentazione5. Al contrario, solo pochi studi hanno valutato gli effetti dello sbiancamento in vivo22,26,29, generalmente attraverso l’osservazione al SEM di repliche dello smalto. Questi studi sulle caratteristiche della superficie smaltea22,26,29 si basano principalmente su valutazioni soggettive dello smalto, piuttosto che su misurazioni precise della sua superficie. Dato che è stato dimostrato che le alterazioni in vitro sono più evidenti di quelle in vivo13, diversi studi supportano l’ipotesi che fattori come l’effetto remineralizzante e il potere tampone della saliva possano contrastare gli effetti negativi degli agenti sbiancanti sulla superficie smaltea17,43-44. Per questo motivo, l’analisi in vivo del profilo smalteo dopo lo sbiancamento merita di essere approfondita, non essendo stati finora pubblicati studi in vivo sulla rugosità dello smalto dopo sbiancamento utilizzando un profilometro senza contatto. Scopo di questo studio è stato quello di valutare l’effetto di due agenti sbiancanti ad alta concentrazione applicati in vivo sulla superficie dello smalto. L’ipotesi testata è che le procedure di sbiancamento non alterino la rugosità superficiale dello smalto.                           

Materiali e metodi                           

Sono stati selezionati diciotto soggetti
(5 maschi e 13 femmine, età 21-35 anni, media 25 anni). I pazienti hanno firmato il consenso informato in accordo con il protocollo approvato dall’Università di Trieste. Tutti i pazienti presentavano una tinta dei denti anteriori pari ad A3 o più scura in base alla scala-colore Vita (Vita Zahnfabrik, Bad Säckingen, Germania).

I criteri di inclusione sono stati:                                      

  • presenza di tutti gli incisivi e canini mascellari;                             
  • assenza di carie, restauri o malattia parodontale;                    
  • assenza di precedenti trattamenti sbiancanti;                       
  • nessuna abitudine al fumo;                          
  • disponibilità ad astenersi dall’assunzione di cibi e bevande pigmentanti (tè, caffè, liquirizia, vino rosso ecc.) durante il periodo di trattamento.

I pazienti sono stati sottoposti a profilassi professionale una settimana prima dell’inizio dello studio e sono stati istruiti sulle manovre di igiene orale da seguire durante lo studio: spazzolamento due volte al giorno con lo spazzolino Elmex InterX Sensitive (Gaba International AG, Münchenstein, Svizzera) con dentifricio a bassa abrasività (Elmex Sensitive Plus, Gaba International AG,; RDA = 30) e utilizzo del filo interdentale almeno una volta al giorno. I soggetti sono stati divisi casualmente in due gruppi (n=9). Gli agenti sbiancanti testati sono stati un perossido di idrogeno al 38% (HP) (Opalescence Xtra Boost, Ultradent Products, South Jordan, Utah, USA) e un perossido di carbamide al 35% (CP) (Rembrandt Quik Start, Den-Mat Corporation, Santa Maria, California, USA).

I trattamenti sbiancanti sono stati ripetuti quattro volte, a intervalli di una settimana. Ogni applicazione è stata effettuata dopo applicazione della diga di gomma. I denti sono stati detersi con uno spazzolino montato su un contrangolo a bassa velocità con irrigazione ad acqua, in modo da rimuovere il biofilm residuo dalla superficie e permettere un intimo contatto tra lo smalto e l’agente sbiancante. Gli agenti sbiancanti sono stati applicati secondo i protocolli indicati dai produttori. HP era fornito con due siringhe: una siringa conteneva l’attivatore, l’altra il perossido di idrogeno.

Prima dell’utilizzo, l’attivatore è stato mescolato all’agente sbiancante. Il gel di HP attivato è stato applicato per 10 min, mentre il gel di CP, già pronto all’uso, è stato applicato per 30 min. È stata effettuata un’applicazione di gel sbiancante per ciascuna seduta per entrambi i prodotti. Al termine di ciascun trattamento, l’agente sbiancante è stato rimosso e gli elementi dentali trattati sono stati risciacquati accuratamente con lo spray aria-acqua
per 30 s.  Subito dopo lo sbiancamento, sono state registrate le impronte di precisione con un polivinilsilossano (Elite H-D+Putty e Light Body, Zhermack, Rovigo, Italia) utilizzando la tecnica della doppia impronta: è stata realizzata un impronta iniziale in materiale putty, che è stata fatta indurire completamente.

Quindi il materiale light body è stato applicato accuratamente sulla prima impronta (utilizzata cioè come un portaimpronte individuale) e sull’elemento dentale di interesse, in modo da ottenere un’impronta finale estremamente precisa. Le impronte degli incisivi superiori di destra sono state registrate alla baseline (CTRL) e dopo ciascuna seduta di sbiancamento (T0: prima applicazione; T1: seconda applicazione a 1 settimana; T2: terza applicazione a 2 settimane e T3: quarta applicazione a 3 settimane). Le repliche sono state preparate colando nelle impronte la resina epossidica (Eposs EL 20, Prochima, Pesaro, Italia), miscelata sotto vuoto. Due terzi molari non cariati sono stati estratti da due diversi pazienti (età media 23 anni) per motivi ortodontici. La superficie vestibolare dei molari è stata mordenzata con acido ortofosforico al 37% per 30 s subito dopo l’estrazione ed è stata ottenuta una replica della superficie mordenzata con la medesima tecnica usata in vivo. Queste repliche fungevano da controllo positivo.

Tutte le repliche sono state analizzate mediante un profilometro senza contatto (Talysurf CLI 1000, Taylor Hobson Ltd, Leicester, Inghilterra), capace di realizzare misurazioni 3D estremamente accurate. Sono state effettuate cinque letture per ogni campione. I parametri di rugosità valutati sono stati: rugosità media (Ra); massima altezza del picchi (Sp); massima profondità delle valli (Sv) e sviluppo di superficie (Ssk): in particolare, un Ssk negativo indica che la superficie è composta principalmente da un plateau e valli strette e profonde, un Ssk positivo indica la presenza di molti picchi, mentre un Ssk vicino allo zero indica una superficie uniformemente distribuita. Le repliche in resina epossidica sono state quindi ricoperte con oro e osservate al microscopio elettronico a scansione (JEOL JSM 5200, Tokyo, Japan). Immagini rappresentative di ciascun campione sono state registrate da due osservatori indipendenti secondo un protocollo di studio in cieco. Sia le letture profilometriche sia le immagini al SEM sono state ottenute dal terzo medio delle repliche. Le differenze nell’ambito di ciascun gruppo sono state valutate statisticamente con il test ANOVA per misurazioni ripetute. Le differenze tra gruppi sono state analizzate con il t-test. La significatività statistica è stata stabilita per p < 0,05. 

Risultati                                    

Dopo lo sbiancamento entrambi i gruppi hanno mostrato miglioramenti significativi del colore dentale, pari ad almeno tre tinte della scala-colore Vita. In tabella 2 sono riportate le medie e le deviazioni standard dei parametri di rugosità dei due gruppi prima del trattamento (ctrl; smalto non trattato) e dopo ciascuna seduta di sbiancamento a intervalli di una settimana (T0, T1, T2 e T3). Non sono state osservate differenze significative tra i due gruppi o rispetto al controllo positivo nei valori alla baseline.

Schermata 2015-07-06 alle 11.45.11I risultati hanno dimostrato che, dopo l’utilizzo di entrambi i prodotti, la rugosità superficiale dello smalto a T0, T1, T2 e T3 non era aumentata dopo lo sbiancamento, dato che non sono state evidenziate differenze significative dei parametri di rugosità rispetto ai controlli. L’analisi al SEM ha confermato che le superfici trattate erano simili allo smalto prima del trattamento in entrambi i gruppi (figure 1A-E e 2A-E). Le piccole irregolarità superficiali visibili possono, infatti, essere attribuite alla normale topografia dello smalto. Al contrario, la superficie dello smalto mordenzato ha mostrato valori di rugosità significativamente maggiori e al SEM è stata evidenziata la morfologia smaltea tipica della mordenzatura (figure 3A-B).                                                                             

DM_2009_012_Cadenaro@001AE
1AE. Immagini al SEM che mostrano la morfologia della superficie smaltea trattata con Opalescence Xtra Boost. A) smalto prima del trattamento; B) T0: prima applicazione; C) T1: seconda applicazione a 1 settimana; D) T2: terza applicazione a 2 settimane; E) T3: quarta applicazione a 3 settimane. Ingrandimento 500X. Non si osservano differenze morfologiche prima e dopo le diverse sedute di sbiancamento.
DM_2009_012_Cadenaro@002AE
2AE. Immagini al SEM che mostrano la morfologia della superficie smaltea trattata con Rembrandt Quik Start. A) smalto prima del trattamento; B) T0: prima applicazione; C) T1: seconda applicazione a 1 settimana; D) T2: terza applicazione a 2 settimane; E) T3: quarta applicazione a 3 settimane. Ingrandimento 500X. Non si osservano differenze morfologiche prima e dopo le diverse sedute di sbiancamento.
Figure 3
3AB. Immagini al SEM dei controlli positivi: A, smalto non trattato; B, smalto mordenzato con acido ortofosforico al 37% per 30 s (ingrandimento 500X).

Discussione

Questo è il primo studio in vivo realizzato con un profilometro senza contatto per valutare la rugosità dello smalto dopo sbiancamento. I risultati di questo studio indicano che il trattamento professionale con Opalescence Xtra Boost (perossido di idrogeno al 38%, [HP]) o Rembrandt Quik Start (perossido di carbamide al 35%, [CP]), con quattro applicazioni ripetute nell’arco di quattro settimane, non ha causato alterazioni della rugosità superficiale dello smalto. L’ipotesi dello studio è stata pertanto accettata. Lo studio è stato basato sulla tecnica delle repliche in resina epossidica45, che presenta il vantaggio di permettere la valutazione degli effetti degli agenti sbiancanti sulla morfologia smaltea in condizioni intraorali22, permettendo anche la valutazione della stessa zona del dente prima e dopo lo sbiancamento22.

La sensibilità della metodica è stata verificata attraverso il controllo positivo: il profilometro è stato capace di rilevare l’aumento della rugosità sulle repliche di smalto mordenzato, confermando la tipica morfologia della mordenzatura osservata al SEM. La rugosità di superficie dipende dalla lunghezza del cut-off usato per l’analisi. In questo studio sono state effettuate scansioni superficiali di 0,5 x 0,5 mm, adeguate per la valutazione del fenomeno oggetto dello studio. Di regola, la lunghezza del cut-off deve essere la metà della lunghezza di analisi. Per questo motivo i valori di rugosità dello smalto mordenzati ottenuti erano inferiori a quelli osservati in altri studi recenti46, ma più alti se confrontati con altri sistemi di analisi47. Sono stati testati due prodotti professionali ad alta concentrazione, ipotizzando che l’alta concentrazione potesse causare più alterazioni superficiali rispetto a prodotti con una concentrazione più bassa.

Il perossido di idrogeno al 38% è uno dei prodotti sbiancanti commerciali con la più alta concentrazione disponibile, con un forte effetto ossidante potenzialmente lesivo nei confronti dello smalto. Il perossido di carbamide al 35% rappresenta la più alta concentrazione di questo prodotto disponibile sul mercato, corrispondente a perossido di idrogeno al 11,4% e contenente urea. È stato ipotizzato che l’urea, che si scinde in biossido di carbonio e ammoniaca, possa alterare le regioni interprismatiche dello smalto48,49. L’urea potrebbe denaturare la struttura proteica e causare alterazioni strutturali e morfologiche dello smalto attraverso la degradazione delle molecole organiche, come le amelogenine28. D’altra parte, l’urea è alcalina, innalza il pH degli agenti sbiancanti, riducendo il loro potenziale demineralizzante15. In studi precedenti, per lo più in vitro, è stato osservato che l’utilizzo di alte concentrazioni di perossido di idrogeno provoca alterazioni morfologiche della superficie smaltea15,21,30-32,34,38, modificazioni nella distribuzione dei cristalli di smalto41, aumento delle porosità della struttura smaltea superficiale34 e una maggiore adesione di Streptococcus mutans sulla superficie dello smalto18 (tabella 1).

Inoltre, l’analisi chimica di superficie ha evidenziato sia modificazioni del rapporto calcio/fosfato42 sia perdita di calcio37, supportando l’ipotesi che gli agenti sbiancanti sono componenti chimicamente attivi, capaci di indurre importanti alterazioni strutturali dello smalto. Le alterazioni della superficie dello smalto sono state confermate indirettamente da studi che hanno osservato una riduzione delle proprietà fisiche dello smalto, in particolare la microdurezza, ampiamente studiata5,9-11,14,38,40. Dato che tutti i parametri profilometrici non sono stati modificati, questo studio in vivo ha dimostrato che un protocollo di quattro sedute professionali con perossido di idrogeno al 38% o perossido di carbamide al 35% non ha effetto sulla rugosità dello smalto. Questo sembrerebbe indicare, in accordo con precedenti studi in vitro10,27,36,39, che l’uso appropriato di prodotti sbiancanti ad alta concentrazione non ha effetti negativi sulla micromorfologia smaltea. Dato che entrambi i prodotti testati sono commercializzati per procedure professionali, in questo studio sono stati applicati dopo avere posizionato la diga di gomma. Le impronte sono state rilevate subito dopo lo sbiancamento e prima di rimuovere la diga di gomma, in modo da evitare ogni contatto con la saliva.

Pertanto, l’effetto remineralizzante della saliva sullo smalto sbiancato17,22,40-44 non può giustificare l’assenza di alterazioni osservata in questo studio. Uno studio36 ha ipotizzato che le alterazioni della superficie dello smalto possano essere dovute a proprietà acide degli agenti sbiancanti. L’assenza di cambiamenti morfologici e profilometrici dello smalto dopo i trattamenti sbiancanti in vivo potrebbe dipendere dal pH relativamente neutro
dei prodotti testati (HP, pH=7,0-7,550 e CP, pH= 6,551), ben al di sopra del valore
critico per la demineralizzazione dello smalto.

Questo potrebbe spiegare anche perché non è stato rilevato alcun incremento
della rugosità dello smalto sbiancato rispetto allo smalto mordenzato con acido ortofosforico al 37%.  I controversi risultati sugli effetti dello sbiancamento dentale nei diversi studi potrebbero essere dovuti alla diversità dei protocolli di ricerca, che renderebbe difficile, se non impossibile, il confronto dei dati. Spalding et al.20 hanno dimostrato che le irregolarità dello smalto non trattato possono essere maggiori di quelle dovute all’effetto dei perossidi sul dente. Inoltre, il reale significato clinico delle alterazioni dello smalto riportate in alcuni studi non è stato del tutto chiarito22,32,40.
Alla luce dei risultati di questo studio, l’ipotesi di ricerca è stata confermata. I due prodotti testati non hanno modificato la rugosità superficiale. Tuttavia, studi precedenti hanno ipotizzato che potrebbero essere presenti delle alterazioni al di sotto della superficie dello smalto sbiancato9,21,34 a causa della penetrazione nello smalto dei composti a base di perossido. Quindi, queste osservazioni e il loro significato clinico devono essere ancora approfonditi, sia per i prodotti professionali sia per quelli domiciliari, che, anche se a più bassa concentrazione, vengono mantenuti in contatto con lo smalto per periodi più lunghi.

Conclusioni                                 

In base all’analisi profilometrica e alle osservazioni al SEM non sono state
rilevate alterazioni morfologiche della superficie di smalto. Questo studio in vivo ha dimostrato che lo sbiancamento professionale con alte concentrazioni di perossido di idrogeno o di perossido di carbamide è una procedura sicura e affidabile, che non induce alterazioni strutturali della superficie di smalto dopo quattro applicazioni.

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Effetto in vivo di due sistemi di sbiancamento professionali sulla superficie smaltea: studio morfologico e profilometrico - Ultima modifica: 2009-12-06T12:20:16+00:00 da Enrico Colnaghi