In alcuni casi le lesioni cistiche a carico dei mascellari possono andare incontro a un processo espansivo notevole e, alle volte, anche relativamente repentino. Ciò comporta problematiche di natura sia terapeutica sia prognostica.
La prima misura da adottare è di tipo preventivo e rientra in realtà nel mantenimento routinario: il paziente viene sottoposto a periodici controlli clinici e, quando necessario, radiografici, al fine di intercettare le condizioni patologiche predisponenti – che nella maggioranza dei casi sono odontogene – o eventuali lesioni osteolitiche in fase iniziale. Come anticipato, per una serie di motivi ciò non risulta sempre possibile. Nel momento in cui si decide di intervenire su di una lesione di verosimile natura cistica, è fondamentale informare preventivamente il paziente non solo sui rischi connessi all’intervento ma anche sulle complicanze tardive e sul decorso postoperatorio in generale. In un interessante revisione del 2016, Wakolbinger e Beck-Mannagetta hanno affrontato le evidenze a lungo termine riguardanti le cisti dei mascellari di grandi dimensioni, ponendo come cut-off il diametro di 1.5 cm: al di sotto di tali dimensioni, gli Autori affermano che la lesione, nella maggioranza dei casi, possa essere enucleata in toto senza danneggiare i tessuti circostanti. Al di sopra, l’intervento chirurgico sarà più indaginoso. Per quanto riguarda la tecnica, ad esempio, in molti casi sarà preferibile adottare una metodica combinata, che prevede l’iniziale decompressione (come previsto nella marsupializzazione) e la successiva asportazione della lesione ridotta. Ciò è valido ad esempio nel caso sia reputata a rischio la vitalità di elementi dentari adiacenti (ovvero quelli non direttamente coinvolti) o sia possibile il coinvolgimento di strutture anatomiche nobili quale il nervo alveolare inferiore. In alcuni casi viene contemplata l’eventualità di disturbi della sensibilità mucocutanea localizzata, ad esempio in corrispondenza del territorio di distribuzione del nervo mentoniero.
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Un aspetto prognostico fondamentale riguarda la riossificazione del sito dopo l’intervento. Tenendo indicativamente una dimensione media compresa fra i 2 e i 3 cm, gli Autori sopra citati e altri (Richter, Van Dorm) osservano buoni indici di guarigione, la quale risulta completa in 9 casi su 10. Nel contempo, viene osservato come il processo possa prolungarsi anche notevolmente e con esso il follow up raccomandato (fino a 3 anni).
In conclusione, va aggiunto che quanto detto per le grosse cisti odontogene pare essere parzialmente valido per il tumore cheratocistico odontogeno, noto in passato come cheratocisti, che ha modelli terapeutici similari, ma tendenzialmente più aggressivi, data la maggiore tendenza alla recidiva.