L’amanuense non era solo un mestiere da uomini. È quanto scoperto dalla dottoressa Christina Warinner del Max Planck Institute for the Science of Human History, Jena, che insieme al suo team ha analizzato i denti di una monaca rinvenuti all’interno di un monastero a Dalheim, in Germania, databili tra il 997 e il 1167 d.C. La ricerca è stata poi pubblicata su Science Advances.
Ad attirare l’attenzione dei ricercatori, una macchia di un blu intenso che, una volta analizzata, si è dimostrata essere una miscela di tartaro e lapislazzuli (utilizzati in epoca medievale per ottenere un blu molto brillante e pregiato, riservato di solito ai testi religiosi di maggior valore, e quindi dato in concessione solo agli artisti più abili).
Gli amanuensi, infatti, avevano l’abitudine di toccare la punta del pennello che usavano per disegnare con la lingua per ottenere dei punti molto sottili, e il team di ricerca suppone che sia in seguito a questa abitudine che la donna si è macchiata i denti.
Una seconda possibilità, ritenuta però meno probabile, è che i lapislazzuli siano entrati in contatto con i denti della monaca durante la fase di preparazione del colore.
Christina Warinner ha sottolineato l’importanza dello studio dei denti, paragonandoli a “capsule del tempo” che ci permettono di conoscere dettagli sorprendenti della vita dell’uomo nell’antichità.