Riassunto
Presentiamo un caso clinico di una riabilitazione di un incisivo mandibolare per mezzo di un ponte adesivo in zirconia in una paziente donna di 69 anni. La preparazione delle superfici linguali degli elementi mandibolari anteriori è stata eseguita con una linea di finitura a chamfer, nello spessore dello smalto. Dopo l’impronta definitiva in silicone è stata progettata virtualmente la struttura in zirconia poi fresata. Dopo la prova clinica, la struttura è stata ceramizzata; successivamente al controllo estetico si è proceduto alla sabbiatura e alla cementazione con cemento composito. Il controllo a 12 mesi ha mostrato il mantenimento sia dell’adesione sia dell’integrazione estetica e funzionale della riabilitazione.
Summary
Zirconia resin-bonded fixed partial prosthesis for rehabilitating a mandibular incisor: a Case Report
The rehabilitation of a mandibular central incisor by means of a zirconia resin-bonded prosthesis (RBP) is presented. The patient was a 69-year-old woman. The preparation of lingual surfaces of anterior mandibular elements consisted in a chamfer finishing line in the enamel thickness. After silicone impression, the zirconia framework was designed, milled and tried on. After veneering and aesthetic check, the RBP was cemented using a composite cement, after sandblasting of the inner surface. The 12 months follow-up showed the maintenance of both adhesion and esthetic and functional integration of the RBP.
La protesi fissa adesiva tipo “Maryland bridge” è largamente utilizzata nella pratica clinica, spesso come protesi provvisoria in attesa della riabilitazione definitiva implanto-protesica. Poiché la percentuale di sopravvivenza delle protesi adesive è aumentata nel tempo, passando dal 75% dopo 7 anni1 all’83% dopo 9 anni2, può essere considerata a tutti gli effetti una protesi definitiva3. Inoltre, in alcune situazioni cliniche – come ad esempio la perdita di un incisivo mandibolare, in cui il poco spazio a disposizione preclude a volte l’inserimento di un impianto – la protesi adesiva può essere un’ottima opzione terapeutica4.
Tradizionalmente, la struttura del Maryland bridge è realizzata in fusione, utilizzando una lega non preziosa. Materiali ceramici ad alta resistenza, come la zirconia, possono rappresentare una valida alternativa per la sua realizzazione. La zirconia è bianca e consente quindi di eliminare l’alone grigio che spesso traspare intorno ai margini incisali dei denti che supportano i retainers metallici. Inoltre, in presenza di diastemi la struttura si vede meno. Il problema principale che presenta la zirconia riguarda principalmente l’adesione ai tessuti dentali.
Scopo del presente articolo è presentare un caso clinico di riabilitazione di un incisivo centrale mandibolare per mezzo di un ponte fisso adesivo in zirconia.
Caso clinico
La paziente S.F., 69 anni, si è presentata presso il Reparto di Protesi Dentaria della Sezione di Odontoiatria dell’Università di Ferrara con la richiesta di riabilitare l’incisivo centrale mandibolare destro, estratto due settimane prima per motivi parodontali.
L’esame clinico mostrava un ampio difetto orizzontale e verticale, la presenza di diastemi tra i denti frontali mandibolari e una mobilità di grado 1 a carico degli elementi 42, 31 e 32 (Figure 1 e 2); l’esame radiografico confermava il difetto osseo verticale (Figura 3). L’analisi del volume osseo ha escluso l’inserimento di un impianto.
La paziente aveva inoltre espresso il desiderio di ridurre al minimo le procedure cliniche e possibilmente evitare interventi chirurgici.
Dopo aver escluso la riabilitazione implantare, le opzioni terapeutiche presentate alla paziente sono state: 1) protesi fissa tradizionale; 2) protesi fissa adesiva; 3) protesi parziale rimovibile. D’accordo con la paziente si è optato per una protesi fissa adesiva, con i retainers estesi da 33 a 43 per splintare il gruppo anteriore e ridurre la mobilità esistente.
Operando in un settore estetico e in presenza di diastemi, la scelta del materiale per la struttura è caduta sulla zirconia.
Si è proceduto alla preparazione delle superfici linguali degli elementi mandibolari, realizzando un chamfer minimo nello spessore dello smalto, a livello delle creste marginali degli elementi (Figura 4).
È stata presa un’impronta con un polivinilsilossano (Flexitime, Heraeus Kulzer) su un portaimpronta individuale. In laboratorio l’impronta è stata sviluppata e il modello è stato acquisito con uno scanner (Dental Wings) per poter fare la progettazione CAD (Figura 5).
La struttura è stata realizzata per fresatura di un blocco di zirconia tetragonale policristallina stabilizzata con yittrio (Y-TZP).
Dopo la realizzazione, la struttura è stata provata clinicamente per verificarne l’adattamento e la precisione. Dopo la ceramizzazione (IPS e.max Ceram, Ivoclar Vivadent), una prima prova estetica ha mostrato la necessità di modificare alcuni aspetti (Figura 6).
In particolare, per ridurre gli spazi neri triangolari tra i denti adiacenti all’elemento di sostituzione si è reso necessario aumentare le dimensione di quest’ultimo, riducendo quindi le superfici interprossimali degli elementi 42 e 31 (Figura 7).
L’entità della riduzione è stata poi riportata clinicamente per mezzo di una dima (Figure 8 e 9). La successiva prova estetica ha mostrato una perfetta integrazione del manufatto (Figura 10).
Prima della cementazione, sulla superficie interna della struttura in zirconia sono stati praticati dei fori con una fresa diamantata sferica montata su manipolo e l’intera superficie è stata sabbiata (Al2O3 110 μm, 1.5 bar) per aumentare rispettivamente la macro- e la micro-ritenzione (Figura 11).
Infine, è stata immersa in alcool in una vasca a ultrasuoni.
È stata posizionata la diga di gomma intorno agli elementi dentari e la superficie linguale è stata pulita con spazzolino e pasta pomice e mordenzata (acido ortofosforico 37% per 60 secondi).
È stato apportato adesivo smalto-dentinale (Adper Scotchbond, 3M ESPE). Per la cementazione è stato utilizzato un cemento composito duale (Multilink Automix, Ivoclar Vivadent). Il manufatto è stato posizionato e si è proceduto alla fotopolimerizzazione.
L’intero manufatto è stato mantenuto in posizione fino al completamento della reazione di presa (Figura 12).
Il controllo immediato ha mostrato ovviamente una discrepanza di valore dovuta alla disidratazione dei denti naturali sotto diga (Figura 13).
Il controllo a 12 mesi ha mostrato il mantenimento funzionale ed estetico dell’integrazione del manufatto.
Discussione
La tendenza clinica degli ultimi anni vede l’inserimento di impianti come la prima e spesso unica soluzione riabilitativa per sostituire elementi dentari mancanti. In alcuni casi, però, l’attenta analisi farebbe propendere per soluzioni protesiche tradizionali, in grado di garantire un migliore risultato funzionale ed estetico.
Nel caso presentato, il difetto osseo verticale e orizzontale avrebbe necessitato del ricorso a tecniche rigenerative per poter inserire un impianto, senza la garanzia di un risultato estetico ottimale. La paziente d’altra parte aveva espresso la volontà di evitare procedure chirurgiche, e in casi clinici simili altri Autori, analizzando le alternative terapeutiche, sono arrivati ugualmente a scartare l’ipotesi implantare, prediligendo altre soluzioni5. Una volta esclusa l’opzione implantare, la scelta per una riabilitazione fissa è stata tra un ponte fisso tradizionale e una protesi adesiva. La protesi fissa tradizionale presenta le più alte percentuali di successo e di sopravvivenza a lungo termine, e rimane perciò la soluzione più affidabile. Avrebbe però previsto il notevole sacrificio di sostanza dentale, intervenendo su elementi dentari integri. Discutendo le problematiche con la paziente, si è deciso di propendere per un ponte adesivo che, a fronte di una peggiore prognosi nel lungo periodo, ha il vantaggio di ridurre il costo biologico della riabilitazione. I retainers sono stati estesi fino ai canini per controllare la mobilità presente nel settore anteriore.
La mobilità degli elementi dentari non ha mostrato un impatto significativo nella sopravvivenza a lungo termine delle riabilitazioni adesive1. In altri studi, invece, ponti adesivi più estesi hanno mostrato una sopravvivenza inferiore rispetto a ponti più corti3. Nella progettazione della struttura si è tenuto conto delle diverse e opposte esigenze (mobilità del gruppo frontale, estensione del framework, ritenzione).
La scelta di utilizzare la zirconia come materiale per la struttura, al posto della tradizionale lega metallica, è stata dettata da motivi estetici: la presenza di diastemi avrebbe infatti reso visibile il metallo, che sarebbe anche trasparso dietro i margini incisali, diminuendo il valore dei denti naturali della paziente. L’utilizzo della zirconia prevede di prendere in considerazione alcuni aspetti. Nonostante le elevate rigidità e tenacità dovute alla struttura policristallina, la zirconia rimane un materiale fragile6,7; il disegno della struttura deve perciò prevedere dimensioni dei connettori non inferiori rispetto a una progettazione in metallo, e l’elemento di sostituzione deve garantire adeguato e uniforme supporto per la ceramica di rivestimento.
La cementazione di protesi in ceramica integrale è sempre una fase clinica molto delicata, e diventa ovviamente cruciale in caso di protesi adesiva. La scelta della zirconia da questo punto di vista pone problemi importanti. Non essendo presente ossido di silicio, non sono possibili mordenzatura e silanizzazione, due procedure normalmente impiegate nella cementazione di ceramiche integrali a base di feldspato7. In assenza di un protocollo di cementazione universalmente accettato per la zirconia, si è deciso di forare la superficie dei retainers per aumentare la macro-ritenzione e sabbiare la superficie interna con ossido di alluminio per accrescere la micro-ritenzione8. Praticare dei fori sulla superficie dei retainers non è una prassi documentata, ed è possibile che in questo modo si indebolisca l’intera struttura. D’altro canto si riesce così ad aumentare la ritenzione, facendo fuoriuscire il cemento dai fori durante la cementazione. Nel bilancio costi/benefici, la decementazione della struttura è stata ritenuta più probabile della frattura, anche grazie al rispetto degli spessori a livello dei connettori. La cementazione è stata eseguita sotto diga con tecnica total-etch tradizionale. L’utilizzo di un cemento composito duale ha semplificato la procedura: una volta posizionato il restauro, si è fotopolimerizzato per fissare la posizione. La polimerizzazione completa anche al di sotto dei retainers è garantita dalla componente auto del cemento.
L’uso della zirconia per realizzare ponti adesivi ha trovato diffusione negli ultimi anni, con risultati incoraggianti nel medio periodo9. Un singolo caso clinico vale solo per sé, ma il follow-up a un anno di distanza ha mostrato il mantenimento nel tempo del risultato ottenuto, con soddisfazione del clinico e della paziente.
Conclusioni
È opinione degli Autori che la protesi adesiva sia una valida opzione terapeutica per la riabilitazione dei denti anteriori e che la zirconia possa essere il materiale scelto in casi in cui l’estetica sia il fattore chiave.
Corrispondenza
Nicola Mobilio
Sezione di Odontoiatria, Università di Ferrara
Tel. 0532 205277
nicola.mobilio@unife.it
• Nicola Mobilio1
• Giorgio Vincenzi2
• Santo Catapano1
1Sezione di Odontoiatria, Università di Ferrara Direttore: Prof. Giorgio Calura
2Odontotecnico
2. Behr M, Leibrock A, Stich W, et al. Adhesive-Fixed partial dentures in anterior and posterior areas. Results of an on-going prospective study begun in 1985. Clin Oral Investig 1998;2:31-5.
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