Riassunto
Le resine composite metacrilate sono materiali dalle eccellenti proprietà estetiche; tuttavia la loro natura chimica comporta contrazione da polimerizzazione e conseguente stress da contrazione. La possibilità di ottenere risultati predicibili e stabili nel tempo, nonché validi dal punto di vista estetico, dipende dall’abilità dell’operatore e dal rispetto dei modi e dei tempi di applicazione del sistema adesivo e del materiale composito. Recentemente sono state introdotte sul mercato le resine siloraniche che rappresentano una nuova classe di materiali da restauro diretto in grado di costituire una valida alternativa ai compositi convenzionali; il loro impiego risulta però ancora abbastanza limitato per l’esigua disponibilità di dati clinici e per alcuni importanti limiti come, per esempio, la scarsa offerta merceologica e le problematiche legate alla compatibilità con le resine composite metacrilate. In questo lavoro viene presentata un’analisi della letteratura esistente sulle resine composite siloraniche.
Summary
A new material for direct restorations: siloranes composite resins
Methacrylate composite resins have excellent aesthetic properties although their chemical composition is responsible for polymerization shrinkage and, consequently, for shrinkage stress. The possibility of obtaining predictable, long lasting as well as aesthetically satisfactory results depends both on the operator’s ability and on the correct application of the adhesive system and composite. The recently introduced silorane resins are a new class of direct restoration materials which represent a valid alternative to conventional composites. However, their use is still limited due to the lack of clinical data, the insufficient offer of these materials and their incompatibility with methacrylate resins. The aim of this study is to analyze the currently available literature on composite silorane resins.
Ad oggi i professionisti hanno a disposizione materiali per la restaurativa diretta, le resine composite metacrilate, che se usati correttamente consentono di ottenere ottimi risultati estetici e funzionali. Tuttavia, tali materiali non sono esenti da difetti; primo fra questi la contrazione che avviene durante la polimerizzazione e il conseguente stress che ne può derivare. Al fine di realizzare delle ricostruzioni soddisfacenti è difatti opportuno rispettare quelle che sono le indicazioni delle case produttrici per quanto concerne le tecniche di applicazione del sistema adesivo, così come opportune strategie di stratificazione e di foto-polimerizzazione delle resine composite1,2. Un mancato rispetto di queste si traduce sistematicamente in una perdita di predicibilità della sopravvivenza del restauro oppure in un immediato insuccesso clinico. Allo stato attuale non esistono materiali da restauro che siano esenti da difetti, ma l’introduzione sul mercato avvenuta nel 2007 di una nuova classe di compositi, i silorani, potrebbe aver segnato un punto di svolta. Questi materiali promettono prestazioni paragonabili a quelle dei compositi convenzionali associate a una più bassa contrazione da polimerizzazione.
Le resine composite metacrilate
I materiali compositi convenzionali si contraggono durante la polimerizzazione con una riduzione volumetrica che varia dal 2 al 6%3-5. Lo stress da contrazione che ne deriva può tradursi, nella clinica di tutti i giorni, in fallimenti meccanici del restauro, formazione di micro fessure a livello dell’interfaccia con conseguente sensibilità post-operatoria, carie secondarie e irritazione pulpare6. Altre conseguenze negative sono rappresentate da deformazioni a carico dell’elemento dentale, crack e fratture dello smalto e movimenti cuspidali7.
Numerosi sono i fattori che influenzano l’entità dello stress da contrazione. Per ciò che riguarda il fattore «materiale» i più importanti di questi sono rappresentati dalla quantità di particelle di riempitivo contenute nella resina8-11, dal grado di conversione della reazione di polimerizzazione12-14, dalla rigidità del materiale (modulo elastico) dopo la sua polimerizzazione13 e dall’assorbimento di acqua15-17. Ma ciò che più influenza la contrazione è la geometria della cavità (C-factor). Secondo il concetto di C-factor, sviluppato da Feilzer18, è necessario che siano presenti molte superfici libere per consentire al composito di scorrere durante la contrazione senza generare stress all’interfaccia adesiva19. In caso contrario lo stress aumenta poiché le tensioni che si creano come conseguenza della contrazione si accumulano all’interno del restauro e/o all’interfaccia adesiva. Per questo motivo le cavità di prima classe, che hanno cinque pareti legate e solo una libera, sono quelle che potenzialmente creano le condizioni per lo sviluppo di un maggiore stress.
Il clinico per minimizzare gli effetti dello stress da contrazione da polimerizzazione deve mettere in atto una serie di accorgimenti durante la lavorazione di questi materiali.
Tecniche di stratificazione del materiale: l’applicazione di incrementi successivi di composito, al posto di un’unica apposizione, permette di ridurre lo stress da contrazione20,21. In generale sarebbe consigliabile la scelta di tecniche che prevedano l’applicazione della resina composita su una singola superficie di dentina, senza toccare le pareti cavitarie opposte, dal momento che, durante la polimerizzazione, si genera stress proprio quando il composito è trattenuto nelle tre dimensioni6,8,22-25.
Tecnica di polimerizzazione: un altro importante fattore da considerare è il gel point che rappresenta il momento di passaggio dallo stato visco-plastico (pre-gel) a quello rigido-elastico (post-gel) della resina composita durante la reazione di polimerizzazione. Nella fase pre-gel le catene di polimero già formate sono ancora relativamente corte e il materiale può scorrere sulla superficie della cavità; mentre la viscosità del polimero che si sta creando è ancora bassa, lo stress da contrazione può essere compensato. Nel momento in cui il materiale raggiunge il gel point non è più capace di compensare la contrazione. Un rapido raggiungimento del gel point comporta valori di stress da contrazione più elevati, mentre un più lento processo di polimerizzazione attraverso una tecnica cosiddetta «soft-start» può viceversa permettere un’attenuazione dello stress26.
Il clinico ha oggi a disposizione unità foto-polimerizzatrici che consentono in modo automatico di regolare l’intensità di luce emessa al fine di prolungare la fase pre-gel e ridurre così lo stress da contrazione. Le unità foto-polimerizzatrici ad alta intensità possono aumentare il grado di conversione e le proprietà fisiche del materiale; per contro si realizza un maggiore stress da contrazione durante la polimerizzazione.
Strategie di combinazione materiali: vediamo, qui di seguito, le differenti possibilità.
Compositi flowable: presentano una minore presenza di particelle di riempitivo, una minor viscosità ma anche inferiori proprietà meccaniche e una maggior contrazione se paragonati con i classici compositi ibridi. L’applicazione di un sottile strato di composito flowable a rivestire tutte le pareti cavitarie, prima della realizzazione del restauro vero e proprio, si ritiene che funzioni come una sorta di ammortizzatore in grado di assorbire lo stress tra lo strato ibrido e la resina composita successivamente applicata, mitigando parzialmente il sovraffaticamento da contrazione da polimerizzazione.
Compositi auto- e foto-polimerizzabili:
i compositi auto-polimerizzabili hanno un miglior adattamento marginale e minori micro fessure rispetto ai foto-polimerizzabili in virtù della minore velocità di polimerizzazione e quindi un raggiungimento più lento del gel point. Inoltre le porosità presenti nei compositi auto-polimerizzabili per effetto dell’incorporazione di aria durante la miscelazione pasta-pasta e il più basso grado di conversione riducono ulteriormente la possibilità di generare stress da contrazione. Tuttavia i compositi foto-polimerizzabili sono preferiti agli auto-polimerizzabili per la più semplice gestione clinica, la possibilità di stratificazione, più semplice modellazione e ampia gamma di formulazioni disponibili.
Cementi vetro-ionomerici (CVI): utilizzati
come sottofondi nella tecnica sandwich insieme alle resine composite, presentano notevoli vantaggi tra i quali la riduzione del volume della cavità e del C-factor, la realizzazione di un’adesione predicibile con uno stress scarso se non nullo, effetto anticariogeno in virtù del rilascio di ioni fluoruro, protezione della polpa e riduzione della sensibilità post-operatoria.
Pertanto, il successo del restauro è garantito da una scelta appropriata dei materiali e da una corretta tecnica di applicazione delle resine composite e dei sistemi adesivi. Laddove questi requisiti fondamentali vengono meno si riduce drammaticamente la possibilità di successo della terapia.
La ricerca nel campo dei materiali dentali punta al superamento delle difficoltà che i clinici, soprattutto i meno esperti, incontrano nelle fasi di realizzazione di un restauro, riducendo la dipendenza del risultato clinico dalle abilità dell’operatore.
Le resine composite siloraniche
Composizione chimica
Nel tempo si sono ottenuti notevoli miglioramenti nelle resine composite attraverso l’ottimizzazione dei riempitivi, mentre la chimica della matrice resinosa è rimasta essenzialmente la stessa fin da quando Bowen pubblicò il suo lavoro all’inizio degli anni ‘6027. Per ottenere una riduzione della contrazione da polimerizzazione molti autori28-30 hanno sperimentato differenti molecole con risultati più o meno soddisfacenti. Negli ultimi anni molte aziende si sono focalizzate nella ricerca di nuovi sistemi di monomeri a polimerizzazione radicalica ad anello aperto, con l’obiettivo di realizzare un composito con un basso indice di contrazione. È stato recentemente sintetizzato un nuovo promettente monomero, il silorano, il cui nome deriva dalla combinazione delle molecole di oxirani e di siloxani31.
Gli oxirani sono stati utilizzati per lungo tempo in campo industriale in quei settori dove è richiesta una notevole resistenza agli stress fisico-meccanici per la loro eccezionale stabilità nei confronti di sollecitazioni meccaniche e chimico-fisiche. La letteratura evidenzia come compositi a base oxiranica mostrino una diminuzione nella contrazione da polimerizzazione associata a una riduzione nello stress da contrazione rispetto ai compositi convenzionali metacrilati32. Diversi Autori sono tuttavia concordi nell’escludere l’impiego clinico di tali molecole come materiali da restauro, sia per la reazione esotermica di polimerizzazione che potrebbe determinare danni a carico del tessuto pulpare33, sia per la lentezza del processo di polimerizzazione: nella prima ora infatti il materiale risulta assolutamente incapace di resistere ai carichi cui sarebbe esposto in ambiente orale34. Per ovviare ai suddetti limiti che ne impedivano l’impiego come materiali dentari da restauro, le molecole oxiraniche sono state combinate con uno scheletro siloxanico. Inizialmente tale combinazione fu introdotta per garantire una maggior natura idrofobica, molto importante poiché l’assorbimento di acqua limita la resistenza fisica a lungo termine del composito nell’ambiente intraorale. In più, i materiali idrofobici tendono ad assorbire molto meno i pigmenti che derivano dalla nutrizione giornaliera e si macchiano molto meno rispetto ai materiali idrofili35.
Sulla base dello sviluppo di tale combinazione, è stato realizzato un composito siloranico da Weinmann e colleghi che, per la natura delle sue particelle di riempitivo, può essere inserito nella famiglia dei compositi microibridi.
È difatti riempito con una combinazione di fini particelle di quarzo silanizzate con una dimensione media di 0,5 µm che conferisce al composito la sua performance estetica e la sua stabilità meccanica.
Processo di polimerizzazione
La polimerizzazione delle resine siloraniche è profondamente differente rispetto a quello delle resine composite convenzionali. La polimerizzazione cationica ad anello aperto propria delle resine composite siloraniche sviluppa la minor contrazione e il più basso stress da polimerizzazione rispetto a qualsiasi composito tradizionale, riuscendo comunque a ottenere alti valori di adesione al dente31,33, mostrando un minimo spostamento cuspidale e un ottimo adattamento marginale del restauro34,36.
Le proprietà meccaniche delle resine composite siloraniche sono sovrapponibili a quelle dei compositi convenzionali per quanto concerne durezza, modulo di elasticità, creep resistance (abilità di un polimero di resistere a un qualsiasi tipo di distorsione per un arco di tempo prolungato), resistenza alla flessione e all’usura. I silorani hanno dimostrato anche stabilità nei fluidi biologici34,37 risultando idrofobi: ciò consente, assieme alle buone proprietà meccaniche sopraelencate, il mantenimento delle caratteristiche fisico-chimiche nel lungo periodo traducendosi in una predicibilità dei restauri.
Biocompatibilità e adesione batterica
Poiché i silorani derivano dagli oxirani, che sono molecole molto reattive, si è pensato alla possibilità di effetti biologici avversi attraverso meccanismi di alterazione genetica. È stata analizzata la formazione di micronuclei (aberrazioni cromosomiche) in vitro e l’induzione di mutazioni geniche38. I risultati ottenuti hanno portato gli Autori ad affermare che le molecole oxiraniche sono sostanze clastogeniche che inducono mutazioni cromosomiche in vitro dopo esposizione diretta, mentre le molecole siloraniche, strutturalmente correlate a queste, non risultano essere attive. Appare quindi chiaro, secondo gli Autori, come sebbene gli oxirani siano molecole pericolose, i silorani che da questi discendono, non abbiano un potenziale mutagenico. Un altro studio conferma la non mutagenicità su fibroblasti di ratto del silorano39.
Per quanto concerne la suscettibilità del silorano a essere colonizzato da streptococchi presenti nel cavo orale, è stato effettuato uno studio in vitro40 che dimostra come questo sia, rispetto ai compositi metacrilati convenzionali, il materiale con la minor quantità di batteri adesi. Secondo gli Autori, questo potrebbe rappresentare un punto a favore di questo materiale in termini di longevità dei restauri.
Adesione ai tessuti duri
La diversa chimica di questa nuova classe di resine composite ha reso necessario un nuovo sistema adesivo. La casa produttrice ha messo a punto un adesivo two-step di tipo self-etch – costituito da un «primer» che è piuttosto idrofilico e un «bond» che è ideato appositamente per aderire al silorano – che ha il compito di armonizzare un’importante differenza, per quanto concerne la captazione di molecole di acqua, tra il substrato idrofilico del dente e il silorano che è invece fortemente idrofobico, se comparato ai compositi metacrilati, in virtù della sua impalcatura silossanica.
L’adesivo è di tipo mild self-etch, quindi a bassa acidità. Il primer ha un pH di circa 2,7 e questo determina un leggero condizionamento e demineralizzazione della struttura dentale ma un forte e duraturo legame all’idrossiapatite. Se il primer viene applicato sullo smalto non preparato è consigliabile applicare prima su questo dell’acido ortofosforico. In definitiva non è necessario mordenzare lo smalto ma è possibile farlo.
Il bonding, così come il primer, contiene un filler (silice silanizzata) che non solo migliora la forza meccanica del materiale ma ne regola anche la viscosità. All’inizio, infatti, si mostra molto viscoso, ma una volta applicato sul microbrush la viscosità diminuisce notevolmente e può essere allora facilmente distribuito in un film sottile (fenomeno dello «shear thinning»). I benefici sono molti: non sgocciola dal microbrush e può essere direzionato dall’operatore con un soffio d’aria sulle pareti di cavità e sui margini della preparazione. Nonostante la sua maggiore viscosità iniziale lo spessore risultante è nel range di altri sistemi adesivi self-etch two-step.
La casa produttrice sconsiglia di umettare lo strumento da modellazione con l’adesivo durante l’esecuzione di un restauro con silorano, poiché l’adesivo penetrerebbe il composito e andrebbe a modificare la composizione del materiale stesso, compromettendone così le proprietà fisiche.
Implicazioni estetiche: la questione colore
Il successo estetico dei restauri effettuati in composito è determinato in gran parte dall’abilità del clinico nel rimpiazzare la struttura dentale mancante con un materiale che combaci non solamente sotto l’aspetto del colore, ma anche nella trasmissione (intesa come riflessione) delle onde luminose e nell’opacità41. È stato inoltre visto che, nonostante l’obiettivo comune delle case produttrici sia quello di mettere a disposizione dei clinici materiali che mirino a un ripristino estetico con una tendenza allo sbiancamento, le differenze in termini di lucentezza e contrast-ratio tra i vari compositi sono notevoli. Gli Autori sottolineano come l’essere a conoscenza delle proprietà ottiche dei materiali da restauro consenta di ottenere i risultati migliori.
Il colore di un dente naturale è determinato dal rapporto che smalto, dentina, polpa e tessuti gengivali hanno con la luce durante i processi di rifrazione e riflessione delle onde luminose42. L’insieme di queste molteplici variabili fa comprendere le difficoltà che il clinico incontra nel ricostruire nel modo più naturale possibile il tessuto duro dentale andato perduto.
La vastissima gamma di formulazioni disponibili per quanto riguarda le resine composite metacrilate (heavy body e flowable, disponibilità di tinte e croma, possibilità di utilizzo di opalescenti, supercolori ecc.), stride con quella dei compositi silorani. Questi ultimi sono disponibili esclusivamente in quattro formulazioni: A2, A3, B2, C2. Fermo restando che il clinico soltanto con l’esperienza giunge a una propria tecnica di stratificazione che gli consente, attraverso l’uso di prodotti diversi, di ottenere risultati soddisfacenti, la scarsità della proposta merceologica in termini di tinte e croma delle resine siloraniche può rappresentare un forte limite. A suffragare tale affermazione è la stessa casa produttrice, che consiglia l’impiego dei silorani per i restauri nei settori meno visibili, quelli posteriori.
Altre considerazioni vanno effettuate per quanto concerne la stabilità del colore dei restauri a lungo termine. In uno studio del 200835 si è osservato che l’invecchiamento di un restauro si manifesta con un cambiamento del colore e della lucentezza, indipendentemente dal materiale composito utilizzato. Questo tende a divenire leggermente più scuro, con una migrazione della tonalità verso lo spettro del giallo e del verde. Tuttavia, il materiale che ha dimostrato una maggiore stabilità è stato il composito a base siloranica.
Modalità d’impiego
3M ESPE, che fino ad adesso è l’unica azienda ad avere messo sul mercato un composito siloranico (Filtek Silorane), raccomanda in ogni caso la tecnica incrementale con strati uguali o inferiori a 2,5 mm di spessore.
La foto-polimerizzazione del composito siloranico avviene per la presenza all’interno della resina di iniziatori a tre componenti: canforochinone, sali iodati e donatori di elettroni. Il canforochinone, utilizzato come iniziatore anche nei compositi convenzionali fotoattivati, ha il massimo assorbimento a 468 nm ed è stato scelto perché possano essere impiegate le unità foto-polimerizzatrici alogene e a tecnologia LED già utilizzate per le resine metacrilate. È stata inoltre ottenuta una stabilità alla luce della lampada operatoria di circa 10 minuti e questo significa che il clinico può lavorare più a lungo rispetto a un composito tradizionale. Inoltre il composito siloranico richiede un tempo minimo di foto-polimerizzazione di 20 secondi, tempo che non può essere compensato da intensità maggiori; lampade al plasma o laser sono controindicate per la polimerizzazione di questo composito, perché sorgenti di luce a intensità molto alte non permettono tempi di polimerizzazione sufficientemente lunghi a causa del surriscaldamento del dente.
Indicazioni d’uso
Le indicazioni principali del produttore per quanto concerne l’utilizzo della resina siloranica sono i restauri diretti nei settori posteriori per cavità di I e II classe. Questi restauri possono prevedere l’utilizzo in combinazione con CVI o CVI modificati. I compositi e i compomeri (compresi i flowable) che aderiscono ai tessuti mediante un adesivo tradizionale non possono essere utilizzati come materiali di sottofondo.
Il produttore indica anche la possibilità di impiegare la resina siloranica come base per otturazioni in composito o compomero metacrilati. In questi casi devono essere utilizzati gli adesivi appropriati per questi ultimi.
Per quanto concerne la riparazione di vecchi restauri il produttore indica sia la possibilità di riparare materiali da otturazione quali compositi e compomeri in metacrilato (utilizzando il silorano con l’adesivo dedicato), sia la possibilità di riparare otturazioni realizzate in resina siloranica con compositi o compomeri in metacrilato con i relativi adesivi.
La compatibilità tra silorani e compositi convenzionali è stata anche studiata da diversi autori44,45 che sono concordi nell’escludere la possibilità di stratificare i due materiali senza interporre uno strato intermedio. I valori adesivi tra i due materiali compositi aumentano, tuttavia, fino a raggiungere livelli clinicamente accettabili applicando un adesivo a base di fosfati metacrilati, come quello contenuto nel secondo flacone del sistema adesivo dedicato per silorani (Silorane Bond – Filtek Adhesive System – 3M ESPE).
L’utilizzo primario dei compositi a base siloranica è rappresentato dai restauri diretti nei settori latero-posteriori. Un altro possibile impiego è nella restaurativa preprotesica per la realizzazione di monconi.
Gli impieghi clinici in associazione con le resine a base metacrilata sono invece i seguenti.
Restauri diretti dei settori posteriori con tecnica sandwich. Questo impiego è parzialmente sconsigliato dalla casa produttrice: è infatti possibile, secondo 3M ESPE, utilizzare un cemento vetro-ionomero come sottofondo di un restauro in silorano. L’utilizzo di compositi flowable e compomeri come sottofondi è invece sconsigliato.
Va ricordato tuttavia che al momento non ci sono lavori che confermino tali ipotesi o le smentiscano.
Riparazione di restauri in composito convenzionale nei settori lateroposteriori con silorano. Questo è un impiego che casa produttrice e Autori ritengono possibile, ma che di fatto ha una scarsa utilità clinica, in considerazione della minor resa estetica del silorano rispetto ai compositi metacrilati.
Riparazione di restauri in silorano con resine composite metacrilate. In questi casi ci sono pareri discordanti sul sistema adesivo da utilizzare: il produttore consiglia adesivi convenzionali mentre Hickel, Tezvergil-Mutluay e Duarte indicano il «bond» del sistema adesivo per silorani.
Ricostruzione di elementi dentali con importante perdita di tessuto a livello coronale. Il silorano fornirebbe, in tali situazioni, una stabile impalcatura sulla quale si potrebbero applicare gli ultimi incrementi di composito metacrilato al fine di ottenere un’elevata resa estetica.
Caso clinico
Viene presentato un caso clinico relativo alla realizzazione di un restauro a carico di un elemento del settore latero-posteriore mandibolare eseguito con tecnica diretta mediante l’utilizzo di resina composita siloranica e sistema adesivo a essa dedicato.
Conclusioni
Le resine composite siloraniche possono rappresentare, a oggi, una valida alternativa ai materiali compositi a base metacrilata nella realizzazione di restauri diretti. Delle limitazioni al loro impiego potrebbero essere rappresentate dal ridotto numero di formulazioni disponibili in commercio e dalla necessità di utilizzare in associazione il sistema adesivo self-etch dedicato. L’uso combinato di silorani e compositi metacrilati potrebbe rappresentare una valida tecnica alternativa di restauro negli elementi dentali con grave perdita di tessuto duro a carico della porzione coronale. In tali situazioni si potrebbe infatti trarre vantaggio dalle oramai comprovate qualità meccaniche delle resine composite siloraniche utilizzando i compositi convenzionali a elevata resa estetica per le stratificazioni più superficiali. Tuttavia non esiste compatibilità tra compositi metacrilati convenzionali e silorani, come specificato anche dalla casa produttrice.
Questo limite può essere superato utilizzando tra i due materiali da restauro il bonding del Silorane Adhesive System (3M ESPE), unico materiale che in virtù della sua composizione chimica bi-funzionale è in grado di stabilire tra i due materiali notevoli forze di legame, come indicato in alcuni studi sopracitati. Gli altri materiali utilizzati come strato intermedio non aumentano la forza di legame, e sono pertanto sconsigliabili nella pratica clinica.
Corrispondenza
Daniele Scaminaci Russo
Dipartimento di Sanità Pubblica – Sezione di Odontostomatologia
Viale Morgagni 85 –50134 Firenze
Tel. +39055415598 – Fax +39055411798
daniele.scaminaci@unifi.it
• Daniele Scaminaci Russo
• Matteo Baldini
• Fabio Bertini
• Luca Giachetti
Università Degli Studi di Firenze, Dipartimento Sanità Pubblica, Sezione di
Odontostomatologia
Direttore: prof. Nicola Comodo
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