Le buone norme di pratica clinica dovrebbero rappresentare il cuore di ogni struttura odontoiatrica, qualsiasi sia la dimensione, a prescindere dal modo in cui questa si articola.
Queste però devono anche andare di pari passo con una visione imprenditoriale che permetta allo studio, o alla struttura, di continuare a lavorare per il bene dei propri pazienti.
L’ottimizzazione dei costi passa inevitabilmente da quella dei tempi alla poltrona.
Negli anni gli strumenti e i prodotti soprattutto in ambito di adesione e restaurativa hanno fatto passi da gigante, permettendo di ridurre le fasi operative e i potenziali errori.
Sono entrati in gioco nuovi sistemi adesivi universali capaci di legami adesivi efficaci e duraturi.
Questi sono poi stati affiancati da compositi dotati di coefficienti di contrazione sempre inferiori e proprietà migliorate. L’ultimo step in questo senso è stato il composito di tipo bulk-fill capace di permettere aumenti incrementali fino a 4 mm in un’unica apposizione.
Tutti questi materiali necessitano di una corretta fase di polimerizzazione perché possano dare il massimo delle prestazioni.
Per tanto tempo si è dibattuto sui tempi e la potenza corretta che una lampada fotopolimerizzante dovesse utilizzare per garantire i migliori risultati.
L’evoluzione delle lampade fotopolimerizzanti
La fase di fotopolimerizzazione è essenziale per la buona riuscita di un restauro basato su tecnica adesiva e resine composite.
Questa fase dipende da diversi fattori in parte legati al materiale da polimerizzare, ma anche dal tipo di lampada che si adopera e da come la si utilizza.
Le variabili tra lampada e lampada sono:
- il tipo di sorgente luminosa
- lo spettro di emissione
- la potenza
- la forma del puntale
Le più recenti lampade fotopolimerizzanti sono le unità LED, basate su tecnologia a diodi.
Per ottenere una polimerizzazione completa era in passato necessario che il dispositivo possedesse una potenza minima di 600-1000 mW/cm2 misurati a livello del puntale. Questa era la potenza erogata dalle lampade LED di prima generazione che obbligavano a tempi di polimerizzazione di 40 secondi per ogni incremento di 2mm di sostanza.
Oggi grazie all’aumento di potenza i tempi medi si sono ridotti passando a 20 secondi con le lampade moderne.
Ma si può fare ancora qualcosa per ottimizzare i tempi alla poltrona e migliorare i risultati?
In questo senso è stata sviluppata da Ivoclar Vivadent la lampada Bluephase PowerCure caratterizzata da 4 modalità:
- Il programma PRE (PreCure) emette un’intensità luminosa di 950 mW/cm2 ± 10% e viene utilizzato per una brevissima polimerizzazione iniziale di cementi compositi adesivi, al fine di facilitare la rimozione del materiale in eccesso. Il programma è preimpostato per durare solo due secondi.
- Il programma H (High Power) emette un’intensità luminosa di 1200 mW/cm2 ± 10% con tempi di polimerizzazione selezionabili di 5, 10 o 20 secondi, in base alla necessità.
- Il programma T (Turbo) emette una maggiore intensità luminosa di 2100 mW/cm2 ± 10% con un tempo di polimerizzazione fisso di 5 secondi.
- Il programma 3s (modalità 3s Cure) emette la massima intensità luminosa a 3050 mW/cm2 ± 10% con un tempo di polimerizzazione fisso di 3 secondi. L’intensità luminosa di 3050 mW/cm2 è idonea solo per la polimerizzazione occlusale di restauri diretti di I o II classe nei settori posteriori, quando è possibile garantire un posizionamento ideale della lampada sul composito. La modalità 3s Cure non è indicata in caso di cavità profonde/carie profonda.
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