Riassunto
I traumi dentali sono molto frequenti, possono essere degli eventi complessi e talvolta rappresentano vere e proprie emergenze. Benché la letteratura scientifica in campo internazionale riferita alla traumatologia laser-assistita sia molto scarsa e manchino linee guida ben codificate e specifiche per queste evenienze cliniche, scopo degli Autori è quello di proporre, attraverso la propria casistica, quelle situazioni in cui la terapia laser e in particolare i laser ad erbium possono offrire nuove possibilità di trattamento. Inoltre scopo degli Autori è stimolare ricerche più vaste in questo campo non solo per incrementare l’utilizzo di queste tecnologie, ma anche per migliorare i risultati e ridurre le possibili complicanze, specialmente nei soggetti pediatrici. Infine la terapia laser-assistita ha un provato effetto antalgico e antinfiammatorio. La tecnologia laser si è dimostrata particolarmente indicata per indurre analgesia e l’utilizzo delle basse potenze (basse percentuali di aria/acqua) è a tutt’oggi un vasto campo di ricerca.
Summary
Dental traumas are frequent in children. They can be complex events and sometimes real emergencies. Since very little attention is devoted to this topic in the international literature and there are no well-coded guidelines for these specific clinical events, our aim is to consider those situations in which laser assisted therapy and in particular Erbium lasers can offer new treatment possibilities. The Authors aim is to stimulate more extensive scientific research in this area that might not only increase the use of these technologies, but also improve the outcomes and reduce the complications of dental trauma, particularly in children. Futhermore, laser-assisted therapies drastically reduce the need for analgesics and anti-inflammatory medications compared with conventional procedures. Using laser equipment to obtain anaesthesia is another challenge, while the use of low wattages for desensitising tissue and low percentage of air and water to obtain anaesthesia is also an open field.
La Traumatologia è una branca dell’Odontostomatologia che si occupa della prevenzione e del trattamento dei traumi dentali e deve il suo sviluppo alle scuole scandinave e in particolare a quella di Copenaghen, diretta dal professor Jens Andreasen.
In Italia questa disciplina si diffonde a partire dagli anni 60-70 con la nascita concomitante della Società Italiana di Odontoiatria Infantile e il costituirsi successivo della Società Italiana di Traumatologia Dentale.
In ambito internazionale dal 1989 l’International Association of Dental Traumatology si occupa di promuovere protocolli operativi, terapeutici e di ricerca basati sullo stato dell’arte1,2.
La traumatologia dentale rappresenta, per la sua frequenza e peculiarità, un settore odontoiatrico molto più complesso di quanto si possa credere poiché, essendo una branca multidisciplinare per eccellenza, richiede numerose e specifiche competenze che spaziano dalla conservativa all’endodonzia, dalla parodontologia alla chirurgia, dall’ortodonzia alla protesi; in queste patologie, l’urgenza pone sovente dilemmi e decisioni operative che vanno prese in poco tempo ma i cui effetti possono essere valutati solo a distanza di tempo.
Il trauma dentario in pedodonzia rappresenta una patologia frequente e può corrispondere a una vera emergenza.
Benché la gestione di un traumatismo dentario in età infantile possa essere complicata da vari fattori (età e stato emotivo del paziente, non cooperazione, gravità dell’evento, ritardata tempestività di intervento ecc.), l’operatore deve mirare a formulare una diagnosi corretta, garantire la massima urgenza, applicare un protocollo terapeutico efficace nel controllo del dolore, avere una buona informazione del decorso clinico e delle possibili sequele e/o complicanze, al fine di ridurle e garantire una evoluzione armonica delle arcate.
L’angoscia dei bambini e dei loro genitori per la sindrome dolorosa, l’ansia del paziente più adulto per le problematiche legate al futuro della propria estetica e della ridotta funzionalità rendono la terapia impegnativa.
L’approccio psicologico al paziente (ed eventualmente anche al genitore) è di fondamentale importanza, ma è essenziale una profonda conoscenza di questa materia, la precisione nella diagnosi, l’aggiornamento continuo e l’utilizzo di nuove tecnologie quali appunto i laser. Benché la letteratura in campo nazionale e internazionale riferita alla traumatologia laser-assistita sia molto scarsa e manchino linee guida ben codificate e specifiche per queste evenienze cliniche, lo scopo degli Autori è quello di proporre, attraverso la propria casistica e ricerca clinica, l’uso delle diverse lunghezze d’onda, senza mai dimenticare le linee guida convenzionali e i protocolli operativi descritti dalla letteratura specifica.
La tecnologia laser ben si applica alle problematiche traumatologiche, dalle semplici fratture coronali ai reimpianti, dalle fratture radicolari ai diversi tipi di lussazione, poiché sostituisce o completa le normali procedure odontoiatriche semplificandole, favorisce la riduzione della sensibilità postoperatoria, ha minima invasività, alta selettività e un positivo impatto psicologico; contribuisce, inoltre, a risolvere le problematiche estetiche post-trauma durante la procedura di sbiancamento.
La terapia laser-assistita si è dimostrata particolarmente indicata anche nei soggetti disabili, non solo in ambito conservativo, ma anche negli interventi di piccola chirurgia ambulatoriale che spesso si associano alle problematiche traumatologiche.
Classificazione
Nel 1978 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha creato una classificazione, sottoposta a revisione e ampliamento nel 1992 e pubblicata su «Application of the International Classification of Diseases to Dentistry and Stomatology», che utilizza quali parametri la sede topografica e il tipo di tessuto in cui si localizza la lesione (tessuti mineralizzati del dente, tessuto pulpare, fibre del legamento alveolo-dentale, osso alveolare)1-3. I principali vantaggi di questa classificazione, nella quale vengono distinti traumi ai tessuti duri e traumi ai tessuti di sostegno (tabella 1), sono la completezza, la facilità di utilizzo e l’applicabilità sia ai denti decidui che ai permanenti.
Eziologia e fattori di rischio
Durante l’ultimo trentennio il numero dei fattori eziologici di un evento lesivo traumatico è stato riportato dalla letteratura come un dato in incremento, includendo un ampio spettro di variabili predisponenti, dalla condizione orale del paziente, all’ambiente circostante (esterno al paziente stesso), al comportamento umano.
Inoltre si possono distinguere i traumi dentali in non-intenzionali e intenzionali.
Le cause più frequenti sono rappresentate dal gioco (56%), dalla attività sportiva (21%), da incidenti stradali (11%) e da atti di violenza (12%), che comunque rimangono sottostimati4,5.
I soggetti più colpiti sono di sesso maschile (rapporto 2 a 1) e il tipo di lesione varia con il variare dell’età del soggetto.
I denti più colpiti sono gli incisivi centrali superiori (50%), i laterali superiori (30%) sia decidui che permanenti.
Raramente il trauma interessa un solo dente, ma più elementi dentali vengono coinvolti a volte in modo subdolo (trauma silente) per cui richiedono controlli radiografici attenti e controlli della vitalità pulpare nel tempo.
Tra i fattori predisponenti prioritari e fra i primi descritti dalla letteratura e ascritti come evidenza si trova l’aumento della protrusione dentale (overjet) associata a incompetenza labiale; questa situazione in dentizione decidua raddoppia il rischio di trauma.
Molti lavori in letteratura riportano tra i maggiori fattori di rischio un incremento di overjet (>3-3,5 mm), ma pochissimi studi mettono in relazione fattori orali predisponenti (per esempio overjet e incompetenza labiale), con fattori ambientali (per esempio design architettonico, sicurezza dei materiali) e con fattori comportamentali (per esempio bambino iperattivo, sprezzante dei pericoli, esuberante ecc.).
Fra le cause più frequenti di lesioni non intenzionali si trovano: cadute accidentali, collisioni, traumi diretti da oggetto; queste sono per lo più da riferire al contesto ambientale.
Prevenzione
In letteratura vi è un dibattito aperto sulla possibilità di prevenire un trauma dentale.
La prevenzione dei traumi dovrebbe essere diffusa capillarmente in ambiente scolastico, sportivo e in ambito familiare, dove la competenza dei pediatri e dei dentisti di famiglia (specie dei pedodontisti) e l’attenzione dei genitori al problema potranno essere di grande ausilio.
Poiché l’eziologia è multifattoriale, la prevenzione va orientata verso una corretta campagna d’informazione (genitori, scuola, insegnanti, centri sportivi, allenatori) e la correzione precoce delle abitudini viziate orali e della protrusione dentale.
Possiamo quindi ridurre il rischio attraverso lo studio e la creazione di attrezzature per un connubio tra praticità e standard di sicurezza; sensibilizzare gli operatori e i pazienti promuovendo l’uso di protettori orali; e infine regolamentare con grande disciplina ogni evento sportivo, in funzione dell’abilità, dell’allenamento del singolo atleta.
Esami clinici e strumentali
Durante la 1ª visita l’operatore, prima di procedere con l’esame clinico, deve raccogliere i dati del paziente e l’anamnesi, indicando chi riferisce.
La cartella clinica specifica per la traumatologia sarà completata da una modulistica di stretta pertinenza medico-legale. Vengono raccolte le informazioni sulle modalità del trauma e sulle condizioni orali al momento del trauma, su precedenti traumi dentali (se possibile raccogliere la documentazione preesistente) e sulle condizioni di salute generale. Segue l’esame clinico.
Si procederà per ordine a:
- esame delle ferite extraorali e palpazione dello scheletro facciale;
- esame delle ferite della mucosa orale e gengivale;
- esame dei singoli elementi dentari (presenza ed estensione delle fratture coronali, esposizione pulpare, discromia);
- esame delle dislocazioni dentarie;
- analisi cinematica (disturbi dell’occlusione);
- mobilità dentaria;
- palpazione alveolare;
- reazione alla percussione;
- reazione dei denti ai test di sensibilità6,7.
Prima di procedere a qualunque tipo di indagine diagnostica e manovra terapeutica, è necessario informare il paziente e/o (se minore) i genitori e/o l’accompagnatore; conseguentemente avere firmata la modulistica relativa al consenso informato. Vengono poi eseguiti gli esami radiografici e strumentali (tabella 2).
Interazione laser-tessuto
I laser dentali, utilizzando diversi mezzi attivi, emettono raggi di energia luminosa di differente lunghezza d’onda, la maggior parte dei quali appartiene alla porzione infrarossa invisibile e una parte alla porzione visibile dello spettro elettromagnetico.
Le diverse lunghezze d’onda comportano interazioni differenti con i tessuti bersaglio, a seconda dell’affinità ottica, del coefficiente di assorbimento, del grado di idratazione e di vascolarizzazione dei differenti tessuti bersaglio (gengiva, mucosa, tessuto pulpare, smalto, dentina, tessuto cariato, osso).
L’interazione della luce laser con i tessuti è responsabile degli effetti terapeutici: questi sono determinati dalla lunghezza d’onda della radiazione laser, dalle proprietà ottiche del tessuto (affinità, coefficiente di assorbimento e penetrazione, grado di idratazione, vascolarizzazione), e dall’operatore.
I laser con lunghezza d’onda appartenente alla zona del visibile e alla prima porzione degli infrarossi dello spettro elettromagnetico vengono bene assorbiti dai pigmenti presenti nella emoglobina e nella melanina: sono i laser argon, KTP, diodo, Nd:YAG e Nd:YAP.
I laser appartenenti alla porzione medio e lontano infrarosso dello spettro elettromagnetico hanno invece spiccata affinità per acqua e idrossiapatite: laser Er,Cr:YSGG, Er:YAG e CO2.
I primi vengono utilizzati prevalentemente sui tessuti molli (incisione, vaporizzazione e coagulazione), mentre i secondi vengono utilizzati sia sui tessuti duri (ablazione) che sui tessuti molli (incisione e vaporizzazione del contenuto in acqua), ma con minore effetto emostatico, per la mancanza di affinità con l’emoglobina.
Le modalità di interazione di una lunghezza d’onda con un tessuto bersaglio sono determinate dalle proprietà ottiche del tessuto stesso.
A seconda dell’affinità ottica e del coefficiente di assorbimento e penetrazione specifico per ogni lunghezza d’onda, una radiazione luminosa diffonderà o verrà assorbita prevalentemente nel tessuto, una certa quota verrà riflessa e la restante quota verrà infine trasmessa più in profondità.
L’operatore può a sua volta determinare effetti diversi utilizzando differenti modalità operative (potenza, fluenza, focalizzazione ecc.).
La porzione di energia della radiazione laser depositata sui tessuti che viene assorbita è responsabile della maggior parte degli effetti terapeutici: essa viene convertita localmente in energia fotochimica, energia fototermica, energia fotomeccanica e fotoacustica, a seconda della tipologia di laser in uso e della modalità di emissione8-10.
Considerando le diverse regioni dello spettro della luce possiamo identificare tre grandi gruppi per quanto riguarda la caratteristica interazione laser-tessuto:
- radiazioni laser emesse nello spettro della luce visibile: il laser KTP (o neodimio duplicato a 532 nm) e il laser ad argon (488-514 nm), producono effetti di assorbimento e diffusione di entità sovrapponibile, con profondità di penetrazione tra 100 µm e 1 mm, quindi mediamente superficiale e uniforme;
- radiazioni emesse nello spettro del rosso (600-700 nm visibile) e del vicino infrarosso (810-830-908-940-980 e 1064-1340 nm), presentano una diffusione (scattering) predominante sull’assorbimento, con una penetrazione variabile da 1 a 4 mm, quindi estremamente penetrante se paragonata alla precedente (laser a diodi e Nd:YAG/YAP).
- radiazioni emesse nella finestra del medio e lontano infrarosso dello spettro (2780-2940-10 600 nm) presentano un assorbimento prevalente della radiazione estremamente superficiale, da 100 a 300 µm, con fenomeno di diffusione praticamente trascurabile (Er,Cr:YSGG, Er:YAG-CO2)
Queste semplici considerazioni di fisica ottica spiegano con quale modalità avvenga l’interazione delle diverse radiazioni laser sui tessuti e vanno sempre ricordate per meglio comprendere gli effetti biologici desiderati e indesiderati.
La tecnologia laser-assistita in traumatologia dentale
L’impiego della tecnologia laser in traumatologia orale pediatrica rappresenta un’importante possibilità di terapia, sia nell’urgenza del pronto soccorso che nella pratica quotidiana ambulatoriale, considerando che può essere utilizzata in tutte le situazioni successive a un trauma dentario.
Tutte le lunghezze d’onda in uso possono essere utili in queste circostanze.
Possiamo classificare i laser in: laser per il trattamento dei tessuti duri e molli, laser per il trattamento dei tessuti molli e laser per biostimolazione ed effetto antalgico (Low Level Laser Therapy, LLLT) (tabella 3).
I laser dentali presentano tre principali vantaggi che ben si applicano anche alle problematiche traumatologiche:
- possono completare le normali procedure odontoiatriche, con un impatto psicologico positivo per il paziente11;
- possono sostituire terapie convenzionali con risultati sovrapponibili o a volte migliori;
- offrono nuove opportunità di trattamento, per esempio con l’utilizzo dei laser a effetto antalgico e biostimolante3.
L’azione del laser, priva di contatto, provoca un impatto delicato e confortevole sul paziente, favorendo la diffusione del suo uso come strumento alternativo alle tecniche tradizionali, soprattutto in pazienti fobici o pediatrici, o come strumento di complemento di terapie minimamente invasive eseguite con strumentario tradizionale (coagulazione della polpa esposta, gengivectomia, gengivoplastica, allungamento coronale, desensibilizzazione e sigillo dentinale, trattamento di lesioni infraossee post-traumatiche).
Il trattamento odontoiatrico laser-assistito si è dimostrato indicato anche nei soggetti disabili sia per la terapia conservativa che negli interventi di piccola chirurgia ambulatoriale.
La terapia laser si basa su due concetti fondamentali: la conservazione dei tessuti (micro-odontoiatria) e la prevenzione della preparazione tessutale.
L’utilizzo delle tecnologie laser è diventato un gold standard in molti campi della medicina, ma non è ancora il caso della traumatologia dentale.
L’utilizzo delle diverse lunghezze d’onda con parametri corretti permette di preservare i tessuti da alterazioni strutturali, evitare reazioni infiammatorie pulpari, lavorare a una temperatura intracamerale inferiore rispetto all’uso di strumenti rotanti convenzionali (riduzione delle complicanze pulpari e ridotta trasmissione termica), ridurre la sensibilità nel postoperatorio (per assenza di trauma meccanico), ridurre l’utilizzo di terapia farmacologia fruendo degli effetti antalgici, antidolorifici e antinfiammatori della terapia a bassa intensità.
La maggiore difficoltà che si incontra approcciandosi alla terapia laser è quella di dovere apprendere una scienza di base e una tecnica di lavoro che sono assolutamente diverse dalle tecniche tradizionali in uso: è facilmente comprensibile come uno strumento preciso per definizione come il laser, lavorando in odontoiatria (a contatto o non), possa perdere parte della sua caratteristica di precisione se non affiancato a una corretta tecnica di utilizzo.
La mancanza di applicazione nell’apprendimento della nuova tecnologia porta inevitabilmente all’insuccesso e all’accantonamento dello strumento e della tecnica, che potrebbe essere successivamente ritenuta inefficace e inefficiente.
Il prezzo spesso elevato delle apparecchiature e il costo/tempo dell’apprendimento sono altresì importanti fattori sfavorevoli per chi si vuole avvicinare a queste tecniche.
Lesioni traumatiche dei tessuti duri e della polpa
Frattura complicata e non della corona
Questo tipo di frattura coinvolge smalto e dentina e, se complicata, espone la polpa dentaria. È l’evenienza più frequente in traumatologia, spesso associata a traumi dei tessuti molli; va sempre investigata la possibilità di dislocazione del frammento nei tessuti molli e come in ogni situazione clinica è fondamentale il rilievo radiografico12.
L’utilizzo della tecnologia laser, la ricerca e l’evoluzione dei sistemi di restauro adesivi hanno cambiato notevolmente l’atteggiamento clinico.
I laser della famiglia erbio garantiscono ottimi risultati riducendo le complicanze e la sensitività post-operatoria grazie alla loro minima invasività e al loro efficace effetto ablativo sui tessuti. I laser della famiglia erbio sono indicati per il trattamento delle fratture coronali complicate e non e/o reincollaggio del frammento. In questo primo decennio di ricerca molti Autori hanno studiato i parametri e le variabili di queste tecnologie, valutando gli effetti morfologici sui tessuti sia duri che molli: gli effetti della densità di energia, della frequenza di ripetizione dell’impulso e della percentuale di aria/acqua hanno portato a risultati non solo sovrapponibili alle tecniche convenzionali ma anche migliori in termini di riduzione della preparazione e migliore accettazione come tecnica operativa, da parte del paziente, specie se pediatrico13.
La preparazione laser è strettamente correlata a diverse variabili: densità di potenza e di energia (power density-fluence), modalità di emissione dell’energia (impulso singolo, continuo, pulsato, super-pulsato), angolazione del laser, distanza di applicazione, percentuale di aria/acqua, tempo di applicazione possono influenzare pesantemente i tessuti, procurando alterazioni e/o danni14. Il taglio eseguito con acqua risulta preciso, pulito, l’area preparata presenta una superficie microritentiva, priva di fango dentinale e altamente decontaminata per l’elevato potere battericida del laser.
L’ablazione è prevalentemente a livello intertubulare, creando la caratteristica superficie laser-irradiata, irregolare, con orifizi tubulari a rilievo, ben aperti, mentre la matrice collagenica di superficie risulta assente; è necessaria la mordenzatura per determinare un aspetto di classe I di Silverstone a livello smalteo e permettere un ottimale adattamento delle resine composite15,16.
Grazie all’irradiazione sub-ablativa, irradiando in modo defocalizzato a bassa energia riducendo molto la percentuale di acqua dello spray e a bassa ripetizione di impulso si produce analgesia e si ottengono a livello smalto-dentinale le caratteristiche precedentemente descritte17,18.
La possibilità di lavorare senza o con una minore quantità di anestesia appare sicuramente un’arma vincente non solo in odontoiatria infantile, ma anche in traumatologia dentale19,20.
I laser a erbio sfruttando il loro effetto termico sono in grado di agire sui tessuti duri dentali e sul complesso pulpo-dentinale e di essere utilizzati per:
- 1. preparazione e decontaminazione degli elementi dentari fratturati (figure 1-11);
- 2. trattamento dell’ipersensibilità dentinale;
- 3. coagulazione e decontaminazione pulpare nelle procedure di incappucciamento pulpare21-23 (figure 12-18);
- 4. pulpotomia24;
- 5. rimozione del fango dentinale e decontaminazione canalare a completamento del trattamento endodontico25-27.
La decontaminazione batterica ottenuta con la preparazione laser è estremamente elevata e, in caso di cavità profonde in contiguità con la camera pulpare, risulta efficace nel creare un campo decontaminato necessario per il mantenimento della
vitalità pulpare.
Il trattamento della dentina profonda è estremamente importante anche per prevenire quei fenomeni di ipersensibilità che seguono ricostruzioni conservative profonde, specie nei denti traumatizzati. A questo scopo sono state proposte la fusione e la sigillatura dei tubuli dentinali, che si inducono con i laser che, «lavorando senz’acqua», sfruttano il loro effetto termico con evaporazione della matrice organica e la ricristallizzazione dell’idrossiapatite.
Questa procedura dà origine a una riduzione della permeabilità ai fluidi, ma comporta anche una riduzione assoluta dell’adesione dei materiali compositi: è una tecnica difficile da eseguire, consigliata ai soli operatori esperti.
Il laser Nd:YAG e il laser a diodi hanno anch’essi una azione benefica nei traumi diretti; i loro tessuti bersaglio sono emoglobina e melanina e per una minima parte l’acqua.
L’effetto termico si diffonde nei tessuti molli con una profondità di penetrazione di 3-4 mm: questo permette un effetto coagulante eccellente nell’incisione e vaporizzazione dei tessuti molli e un potente effetto decontaminante anche dell’endodonto. L’utilizzo di fibre sottili e flessibili (200 µm) permette l’accesso ai canali radicolari al termine della strumentazione, per la decontaminazione prima dell’otturazione canalare: la diffusione laterale (scattering) e la sua penetrazione in profondità permettono una decontaminazione tridimensionale del sistema endodontico sino a 1 mm di distanza dal lume principale. L’energia dei laser a diodi viene emessa sia in modalità continua (continuous wave, cw), a singolo impulso, che in modalità pulsata e superpulsata (più precisamente si tratta di emissione di energia interrotta meccanicamente, «gated»).
La durata degli impulsi è variabile, a partire da 0,1 ms, le frequenze sono variabili fino a 1000>10 000 Hz, permettendo di controllare bene l’erogazione termica della radiazione.
L’effetto termico dei laser a diodi si diffonde nei tessuti molli meno in profondità, intorno a 2 mm; l’utilizzo di fibre sottili (200 mm) permette una decontaminazione canalare tridimensionale del sistema endodontico sino a 750 µm di distanza dal lume principale28.
Questi laser, sfruttando il loro effetto termico sono in grado di agire sul complesso pulpo-dentinale ed essere utilizzati per:
- trattamento dell’ipersensibilità dentinale;
- decontaminazione e sigillatura dentinale;
- coagulazione e decontaminazione pulpare nelle procedure di incappucciamento pulpare;
- pulpotomia;
- decontaminazione canalare a completamento del trattamento endodontico (nei denti necrotici).
Il laser CO2 ha un effetto puramente termico, il 90-95% della sua radiazione viene assorbito negli strati più superficiali di tessuto (da 100 a 300 µm a seconda della modalità di emissione) sotto forma di energia termica.
Solo una piccola quota di energia viene diffusa ai tessuti adiacenti o dispersa per riflessione di superficie. L’effetto termico del laser CO2 ha la capacità di sigillare i vasi sanguigni e linfatici di piccolo calibro (0,3-0,5 mm di diametro) realizzando un effetto coagulante eccellente; per questo il laser CO2 ha una specifica indicazione nel campo traumatologico, nelle seguenti applicazione cliniche:
- coagulazione e decontaminazione pulpare nelle procedure di incappucciamento pulpare laser-assistito;
- pulpotomia;
- taglio chirurgico (per esempio rimozione di un frammento dentale in area mucosa).
Esistono pochi studi indicizzati su PubMed sulla capacità di mantenere la vitalità pulpare a seguito di un incappucciamento.
Si consiglia l’uso del laser in modalità continua o superpulsata, poiché questo ha presentato elevate percentuali di successo (89% a 1 anno dopo emissione di 1 W in cw, contro il 68% del gruppo controllo (solo idrossido di calcio) e 93% 2 anni dopo emissione di 1 W con pulsazioni di 0,1 s con 1 s di intervallo, contro il 66% del gruppo controllo (solo idrossido di calcio) con l’applicazione superpulsata del laser CO2).
Appare evidente dal confronto dei due studi come la modalità di emissione superpulsata garantisca un maggiore controllo dell’emissione termica e un migliore risultato clinico29-31. I primi studi sulla pulpotomia eseguita con laser CO2, sono stati eseguiti su modello animale con valutazioni istologiche preliminari che hanno riportato risultati incoraggianti. I primi studi sulla pulpotomia eseguita in vivo con laser CO2, hanno confrontato l’utilizzo del laser CO2 al formocresolo in denti programmati per estrazione a scopo ortodontico e valutati clinicamente e radiologicamente. Studi successivi hanno riportato risultati favorevoli, con percentuale di sopravvivenza variabile dal 91% al 98%31. Altri studi hanno nuovamente sottolineato come l’utilizzo della modalità superpulsata comportasse un marcato incremento di successo rispetto alla modalità continua, mentre altri ricercatori hanno sottolineato anche la correlazione tra la guarigione e l’età e la grandezza-riassorbimento dell’apice dei denti decidui. Gli interventi di piccola chirurgia gengivale e mucogengivale possono essere eseguiti con estrema semplicità con tecnica laser. Il laser CO2 è estremamente efficace nell’azione di taglio e di coagulazione dei tessuti molli, con incisioni veloci, nette, pulite e con un controllo ottimale dell’emostasi.
Frattura corono-radicolare e radicolare
La bassa frequenza di questo tipo di trauma e della sua varietà clinica rende difficoltosa la raccolta di un campione per uno studio a lungo termine. La guarigione della frattura corono-radicolare non è prevedibile quanto la frattura radicolare, che è interamente collocata all’interno dell’alveolo. Per quanto riguarda la prima, il frammento coronale viene generalmente rimosso e il trattamento dovrebbe essere focalizzato sulla possibilità di utilizzare ciò che rimane. La terapia può prevedere diverse opzioni:
- può essere rimosso il frammento coronale;
- può essere riattaccato il frammento coronale;
- può essere attuata una estrusione ortodontica.
La terapia laser-assistita può essere utile non solo per il restauro del frammento coronale, ma anche per la piccola chirurgia dei tessuti di sostegno (gengivoplastica, gengivectomia, allungamento di corona clinica) e per la terapia canalare. I laser sono molto efficaci in queste situazioni cliniche per la loro capacità di taglio, ablazione, incisione, correzione dei tessuti, correzione dei difetti gengivali, con poco o assente sanguinamento, efficace emostasi indotta, capacità di decontaminazione, modesto disagio intra- e postoperatorio per il paziente, non necessità di sutura, buona e rapida guarigione per seconda intenzione.
In queste situazioni cliniche i laser Nd:YAG e il diodo hanno un impiego elettivo per la loro capacità di penetrazione rispetto a quelli più superficiali (quelli a CO2 e a erbio)32,33.
Poiché nelle fratture radicolari la terapia prevede riposizionamento e splintaggio del frammento coronale, e il tempo intercorso fra la lesione e la terapia di emergenza (fissazione = splint) è indirettamente proporzionale alla possibilità di riduzione totale della frattura, questa va eseguita in anestesia locale.
È necessario calibrare la resistenza dello splintaggio in base al numero degli elementi traumatizzati e al tipo di filo relati naturalmente a immaturità radicolare, età, ridotto dislocamento. Poiché la fissazione va mantenuta in situ per 2-3 mesi possono essere utilizzati attacchi ceramici. Per ridurre il rischio di distacco di un bottone in resina (se la fissazione è costituita da filo + composito) o di un attacco ortodontico, può rivelarsi efficace laserizzare preventivamente al bondaggio con laser a erbio. Infine la procedura di distacco (debonding su attacco ceramico) potrà essere atraumatica, più sicura per l’elemento dentario e più confortevole per il paziente utilizzando un laser Nd:YAG.
Lesioni traumatiche ai tessuti di sostegno
I traumi indiretti sono lesioni ai tessuti di sostegno, in particolare all’osso alveolare, al parodonto, alla mucosa orale e gengivale, ai legamenti, ai frenuli e alle labbra.
Il laser Nd:YAG e a diodo hanno un effetto benefico a livello parodontale34.
Il loro potere battericida e di decontaminazione, l’effetto biostimolante e riparativo, l’attivazione dei sistemi proliferativi cellulari (già ottenuta con diodi semiconduttori λ 632,8 nm, 810 e 904), il controllo del dolore post-traumatico ben si applicano a queste situazioni cliniche:
- decontaminazione dell’alveolo a seguito di avulsione traumatica;
- trattamento di difetti parodontali a seguito di lussazioni o sub-lussazioni;
- microchirurgia gengivale a seguito di trauma dentale;
- gengivectomia e gengivoplastica;
- taglio chirurgico35.
Infine questo tipo di irraggiamento può controllare il dolore post-traumatico (effetto analgesico) sui tessuti sia duri che molli. Già alcuni lavori sono stati condotti, ma ulteriori studi clinici sarebbero necessari per definire le dosi ottimali.
Nella chirurgia mucogengivale il diodo e il laser Nd:YAG vengono rispettivamente utilizzati il primo in modalità continua o pulsata, e il secondo in modo pulsato ma con differenti ampiezze d’impulso.
I laser utilizzati nella biostimolazione, e in particolare il diodo con la sua ottimale capacità di penetrazione, usati a potenze molto basse (inferiori a 0,1 W) sono in grado di esercitare effetti significativi sulla riduzione dell’edema postoperatorio, velocizzando i tempi di guarigione e attenuando gli eventuali disturbi algici.
Oltre alle innegabili evidenze cliniche, sono stati eseguiti numerosi studi scientifici sia in vivo che in vitro per dimostrare come la radiazione laser, anche a bassissimi livelli energetici, possa determinare la produzione di fattori di crescita e trasformazione negli osteoblasti umani con elevati livelli di proliferazione, differenziazione e formazione di attacco.
Laser GaAlAs da 808 nm in range di fluenza tra 1,5 e i 3 J/cm2 sono stati testati in alcuni studi osteodepositivi; allo stesso modo l’irraggiamento con laser a diodo 808 nm a 10 mW in modalità continua, con fluenza compresa tra 1,96 e 7,84 J/cm2 ha dimostrato un notevole incremento di attività e di proliferazione su colture di fibroblasti, fino a oltre 72 ore dall’irradiazione.
Queste evidenze testimoniano come l’uso di queste strumentazioni sia entrato a pieno e di diritto nei protocolli clinici post-chirurgici, sia in parodontologia come pure in implantologia ove soft laser e diodo vengono utilizzati con potenze dell’ordine dei 10 mW, in modalità continua e preferibilmente con manipoli defocalizzati.
La selettività d’azione, la precisione elevata di questi strumenti, disturbi postoperatori assenti o molto ridotti, la più rapida guarigione, la minore tendenza all’infezione, il controllo del sanguinamento che permette all’operatore di mantenere un perfetto controllo visivo (valido soprattutto non solo per tutte le lussazioni ma anche per i reimpianti immediati) grazie all’azione emostatica (Nd:YAG e diodo) ridisegnano tecniche, delineano nuovi confini, creano nuove possibilità riabilitative36,37.
Nell’avulsione dentaria, spesso associata a traumi della mucosa labiale, può essere importante l’utilizzo di un laser a diodo o di un laser Nd:YAG per la loro efficace azione non solo di decontaminazione alveolare, ma anche per favorire la cicatrizzazione mucosa e ridurre l’algia (figure 19-22).
Infine, là dove può essere tentato un reimpianto dentale, si potrà procedere alla decontaminazione del sito ricevente con un manipolo a contatto di un laser a erbio più lungo rispetto a quello convenzionalmente utilizzato per la cura dentaria, e cioè un manipolo della lunghezza di 2 cm. Questa stessa manovra di decontaminazione è attuabile con un diodo o con un laser Nd:YAG.
È doveroso sottolineare da parte degli Autori che non esistono studi clinici e sperimentali su questo; in campo traumatologico vengono suggerite alcune procedure cliniche per promuovere la guarigione dei tessuti (effetto di biostimolazione), ridurre le possibili complicanze e migliorare il decorso operatorio del piccolo paziente (effetto antalgico).
Tuttavia i vantaggi che sono stati dimostrati nel trattamento non chirurgico laser-assistito delle tasche parodontali (ablazione, effetto battericida e detossinante) rappresentano una valida alternativa ai trattamenti convenzionali e ben si applicano in queste situazioni cliniche.
Gli studi effettuati sull’irraggiamento radicolare con Er:YAG con abbondante getto di raffreddamento ad acqua testimoniano che la superficie radicolare si presenta con microirregolarità, senza linee di frattura (cracks) e senza effetti termici collaterali (melting e microfratture), come invece è riportato dopo irraggiamento con laser CO2 o Nd:YAG38.
Lo strato superficiale e radicolare, se irraggiato con Er:YAG e utilizzando parametri corretti, si presenta senza significative alterazioni del cemento o della dentina; negli studi condotti in vitro39,40, si realizza una condizione più favorevole per l’adesione di fibroblasti, rispetto alle condizioni radicolari ottenute con il solo currettaggio meccanico convenzionale41,42.
Inoltre l’irraggiamento, anche a bassa potenza, con Er:YAG risulta avere un effetto battericida efficace sui batteri responsabili della parodontopatia43,44.
Basandosi sui risultati promettenti realizzati in vitro, si sono susseguite molte ricerche cliniche. Watanabe e collaboratori hanno dimostrato l’efficacia ablativa del laser a erbio, i suoi ridotti effetti collaterali e la riduzione della tasca parodontale dopo irraggiamento con parametri 11,3 J/cm2/pulse e 10 Hz), mentre Schwarz e collaboratori riportano risultati simili o anche migliori (14,5 o 18,8 J/cm2/pulse e 10 Hz) rispetto al currettaggio tradizionale, in termini di sanguinamento indotto, profondità delle tasche, miglioramento del livello di attacco clinico. La ricerca ha sottolineato come per avere un netto miglioramento sia importante la rimozione del tessuto di granulazione infetto dalle pareti dei tessuti molli: la terapia laser-assistita o la sola laser terapia in parodontologia sembra essere molto più efficace rispetto alla terapia meccanica convenzionale.
In modo particolare il laser a erbio ottiene una rimozione efficace e sicura del tessuto di granulazione e una levigatura radicolare (10 J/cm2/pulse – 10 o 20 Hz) nelle procedure con lembo chirurgico; detto trattamento risulta efficace, sicuro e promettente anche in presenza di difetti ossei45-47.
L’utilizzo di un laser a erbio con manipolo a contatto e testa allungata (2 cm), introdotto nell’alveolo, viene suggerito non solo per avere un effetto antibatterico ma anche per rimuovere tessuto di granulazione e indurre sanguinamento. È stata dimostrata anche la sua efficacia in chirurgia ossea: i laser della famiglia erbio possono asportare tessuto osseo con minimi effetti termici.
È stato infine dimostrato dal punto di vista istologico che un osso microscopicamente irregolare, detossinato con laser a erbio (Er:YAG o Er,Cr:YSGG), promuove l’adesione di plasmaproteine nelle prime fasi riparative48,49.
In base alle seppur limitate ricerche a oggi condotte, anche l’Er:YAG, come pure l’Nd:YAG, il diodo e l’argon laser, sembrano offrire ottime possibilità terapeutiche, anche nella parodontologia per le loro caratteristiche di efficacia nel trattamento della superficie radicolare e dei tessuti gengivali nonché per la loro capacità di disinfezione; inoltre risulta molto interessante il potenziale effetto di biostimolazione dovuto alla diffusione e alla penetrazione di queste stesse lunghezze d’onda nei tessuti bersaglio circostanti. Infine l’uso degli effetti di biostimolazione e di controllo algico operati con LLLT fanno parte integrante della terapia postoperatoria del paziente.
Esiti a carico dei permanenti
I traumi dentari subìti in dentatura decidua possono causare esiti di varia entità ai denti permanenti. Esistono due principali meccanismi eziopatogenetici:
- impatto traumatico diretto;
- lesione indiretta.
- I traumi ai tessuti di sostegno (lussazione intrusiva, laterale e avulsione) sono quelli che più frequentemente causano postumi ai denti permanenti. La terapia laser-assistita può essere utile in caso di:
- displasia smalto-dentinale, trattabile con laser a erbio;
- ipoplasia orizzontale dello smalto, trattabile con laser a erbio (figure 23-25);
- eruzione ectopica, trattabile con interventi ai tessuti molli, gengivoplastiche, opercolectomie, frenulectomie che si possono eseguire con tutte le lunghezze d’onda del vicino-medio e lontano in infrarosso50.
Low level laser therapy
La Low Level Laser Therapy (LLLT), o soft laser therapy, è un trattamento atraumatico, non invasivo che coinvolge luci terapeutiche per l’irraggiamento dei tessuti e favorisce il processo riparativo.
Vi è una vasta rassegna di lavori scientifici a questo riguardo, ma sussiste un ampio dibattimento scientifico dal punto di vista metodologico e dosimetrico.
La maggior parte degli studi iniziali utilizzarono un laser a gas, elio-neon, come mezzo attivo (632,8 nm), mentre attualmente si utilizzano dei diodi semiconduttori (830 nm o 635).
Il coefficiente di assorbimento dell’acqua di queste lunghezze d’onda è ridotto e la radiazione è in grado di penetrare sia tessuti molli che duri da 3 a 15 mm.
La LLLT ha molteplici applicazioni in odontoiatria: dall’applicazione sui tessuti molli (effetto biostimolante per stomatite aftosa ed erpetica, mucositi, pulpotomia), all’applicazione nella stimolazione della trasmissione nervosa (effetto antalgico per rigenerazione neuronale, dolore temporo-mandibolare, dolore post-chirurgico, dolore a seguito di movimento ortodontico), alla modificazione del flusso sanguigno e del drenaggio linfatico (effetto antinfiammatorio).
Da 1 a 3 giorni dopo la biostimolazione è possibile osservare una riduzione dell’edema con una accelerazione nella fase di epitelizzazione, di formazione di tessuto di granulazione e di deposizione di collagene (figure 26-28).
Questa accelerazione nei processi riparativi ha grande valenza clinica specie nel caso in cui il sistema difensivo del paziente sia compromesso come nei giovani pazienti, ma anche pazienti di età più avanzata, con diabete insulino-dipendente o con disfunzioni valvolari o con malformazioni, con storia anamnestica di endocardite, pazienti con protesi valvolari cardiache o nei pazienti sottoposti a chemio-radioterapia (terapia antalgica e riparativa delle mucositi orali)8,10,13,14,34.
La biostimolazione si applica alle seguenti situazioni cliniche:
- eruzione dolorosa di elementi dentari decidui e/o permanenti (irradiazioni dei linfonodi nell’area);
- effetto antalgico sulla mucosa prima di eseguire, ove necessario, anestesia loco-regionale per infiltrazione;
- applicazione diretta a seguito di esposizione cavitaria per ridurre il dolore;
- biostimolazione delle ferite post-traumatiche (mucose e labbra), stomatite aftosa, lesione erpetica, mucositi;
- terapia postendodontica (dopo incappucciamento pulpare, dopo apexogenesi o apecificazione);
- movimento ortodontico;
- trattamento dei disordini maxillo-facciali51,52.
Conclusioni
La terapia laser è estremamente efficace nella traumatologia dentale, come pure dovrebbe rappresentare il gold standard in odontoiatria pediatrica. I laser in campo traumatologico permettono un trattamento ottimale, minimamente invasivo sia sui tessuti duri che su quelli di sostegno.
Occorre conoscere bene l’utilizzo del laser senza mai dimenticare le linee guida in campo internazionale per non attuare manovre incaute e imprecise.
È fondamentale per l’operatore conoscere le diverse lunghezze d’onda e la loro interazione con i tessuti biologici e aver effettuato un adeguato periodo di apprendimento e applicazione clinica in modo da garantire una azione selettiva e sicura per promuovere un uso ottimale di queste tecnologie, specie in campo pediatrico. Il futuro appare promettente.
Corrispondenza
Claudia Caprioglio
Via San Zeno, 1, 27100 Pavia
Tel. 0382-32132
Fax 0382-34344
e-mail: ac.caprioglio@tin.it
• Claudia Caprioglio*
• Giovanni Olivi**
• Maria Daniela Genovese
* Professore a contratto presso l’Università degli Studi di Parma
e all’European Master Degree on Oral Laser’s Applications
** Professore a contratto presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biofisiche, Mediche, Odontostomatologiche, Università degli Studi di Genova
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