Esercizi semplificati in terapia miofunzionale: presentazione di un protocollo terapeutico

1. Nei soggetti affetti da deglutizione atipica la lingua si interpone fra entrambe le arcate durante gli atti deglutitori scaricando su di esse una forza pressoria enorme.

Obiettivi. L’obiettivo di questo lavoro è quello di presentare un protocollo di terapia miofunzionale ripetibile eseguito con gli esercizi di logopedia per la riabilitazione dei pazienti affetti da deglutizione atipica.
Metodi. La valutazione è stata condotta su tredici pazienti di età compresa tra i 9 e i 12 anni. Per ogni paziente sono stati eseguiti il rilievo delle impronte delle arcate, fotografie, ortopantomografia e teleradiografia in proiezione laterale con l’esecuzione della cefalometria. I pazienti e i genitori sono stati adeguatamente istruiti sul protocollo terapeutico riabilitativo adottato. Gli esercizi sono stati condotti per un periodo di tempo non inferiore ai dodici mesi. L’apprendimento degli esercizi è stato verificato in studio a ogni appuntamento di controllo.
Risultati. La terapia miofunzionale è in grado di riabilitare la posizione linguale. Dopo dodici mesi si è potuto osservare nei pazienti sottoposti alla terapia la chiusura del morso anteriore, una riduzione dell’inclinazione degli incisivi superiori e un controllo della crescita verticale delle ossa mascellari.
Conclusioni. La deglutizione atipica è clinicamente caratterizzata dall’alterazione della posizione linguale, oltre che da alterazioni nervose e muscolari che alla fine determinano un’alterazione della crescita mascellare (apertura del morso anteriore o laterale, diastemi dentari, contrazione trasversale del mascellare superiore, viso allungato). La riabilitazione linguale deve partire subito nel bambino al fine di ottenere una normalizzazione di tutti gli archi riflessi neuro-muscolari oltre che una corretta crescita.

Parole chiave: lingua, deglutizione atipica, terapia miofunzionale, abitudine viziata, Pedodonzia.

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1. Nei soggetti affetti da deglutizione atipica la lingua si interpone fra entrambe le arcate durante gli atti deglutitori scaricando su di esse una forza pressoria enorme.
1. Nei soggetti affetti da deglutizione atipica la lingua si interpone fra entrambe le arcate durante gli atti deglutitori scaricando su di esse una forza pressoria enorme.

La valutazione neurofisiologica dell’atto deglutitorio è particolarmente complessa a causa delle numerose strutture nervose, muscolari e scheletriche coinvolte. Essa infatti interessa sia strutture nervose centrali (corteccia cerebrale, nucleo del tratto solitario) che periferiche (nervi cranici con le loro terminazioni nervose periferiche). L’integrazione dei due sistemi genera l’atto deglutitorio corretto1. L’evoluzione dell’atto deglutitorio presenta un timing ben preciso. La ricerca scientifica ha evidenziato che questa funzione ha inizio già durante la tredicesima settimana di vita intrauterina. La deglutizione, per tale ragione, appartiene alle funzioni ritmiche autonome basali dell’uomo. La sua evoluzione prevede il cambio degli schemi nervosi in base all’età del giovane paziente. Avremo quindi: la deglutizione infantile, la deglutizione mista e infine quella adulta2. Lo schema posturale e nervoso della lingua in queste tre fasi cambia notevolmente. Nella prima fase, la deglutizione infantile, la lingua assume una posizione bassa e si trova in costante contatto con il labbro inferiore. Tale contatto genera un vallo di continuità che permette all’infante l’ingestione del latte materno. La deglutizione mista, detta anche di transizione, avviene nel periodo di età compreso tra i 18 e i 28 mesi di vita e corrisponde al momento in cui compaiono i denti decidui anteriori. Questi ultimi, infatti creano un ostacolo anteriore al raggiungimento del labbro inferiore da parte della lingua. In realtà tale cambiamento interviene per una modifica sostanziale degli schemi alimentari, considerando il fatto che i cibi da essere prevalentemente liquidi diventano solidi, ma anche degli schemi posturali (il bambino avvia la deambulazione bipede), oltre che articolari (l’articolazione temporo-mandibolare cambia lo schema dinamico).

Da questo momento l’atto deglutitorio, inteso non solo come atto che interviene nell’ingestione del cibo ma anche come atto legato alla sola ingestione di piccole quantità salivari, presenta un ruolo cardine per due meccanismi fondamentali: il primo è la stabilizzazione mandibolare al cranio attraverso l’attivazione dei muscoli elevatori; il secondo è la stabilizzazione dell’osso ioide alla mandibola e al tratto cervicale. Infine, con la comparsa di tutti gli elementi dentari prima decidui e poi permanenti, questo delicato passaggio andrà incontro a finalizzazione con la comparsa di quella che viene comunemente chiamata deglutizione adulta3. La postura linguale quindi è coordinata in modo complesso al fine di raggiungere costantemente la propria posizione fisiologica, in contatto con il mascellare superiore, e permettere quindi alla mandibola il contatto con l’arcata mascellare superiore. Un’ampia letteratura ha infatti evidenziato gli aspetti fondamentali della corretta deglutizione: primo fra tutti la stabilizzazione della mandibola al cranio. Questa non avviene attraverso un’intensa contrazione muscolare dei muscoli elevatori, ma attraverso una leggera attivazione dei muscoli masseteri4-7. Il non corretto raggiungimento dello spot retroincisivo e l’interposizione linguale tra i denti della porzione anteriore delle arcate (Figura 1) determina il fenotipo clinico di questi pazienti chiamato anterior open bite8 (Figura 2).

2. La pressione esercitata su entrambe le arcate è in grado di modificarne lo sviluppo e di determinare una serie di alterazioni fra le quali la più comune è il morso aperto anteriore.
2. La pressione esercitata su entrambe le arcate è in grado di modificarne lo sviluppo e di determinare una serie di alterazioni fra le quali la più comune è il morso aperto anteriore.

La posizione di riposo della lingua, detta anche posizione neutra, è caratterizzata da un equilibrio tra componenti antagoniste ossia tra i muscoli che tirano la lingua in alto e indietro (muscoli palatoglosso e stiloglosso) e i muscoli che la tirano in basso e in avanti (muscolo genioglosso). Essa viene quindi a trovarsi in posizione retratta e verticale con la punta a contatto con il palato, in un’area compresa tra le rughe palatine e la papilla retroincisiva chiamata “spot”9. In tale condizione la lingua non esercita alcuna azione sui denti, che non sono a contatto tra di loro, mentre vi è una normale competenza labiale e la respirazione è di tipo nasale9. Esiste infatti uno spazio libero interocclusale, o free-way-space, delle dimensioni di circa 0,5-2 mm nel momento in cui la mandibola è in posizione di riposo10. Nell’adulto la deglutizione viene distinta in quattro fasi a seconda della regione anatomica interessata: fase di preparazione, fase orale, fase faringea, fase esofagea. Nelle prime due fasi in cui la punta della lingua è appoggiata alla papilla retroincisiva i denti sono a contatto tra loro; attraverso il serramento dei denti avviene la stabilizzazione della mandibola. La muscolatura mimica non interviene: le labbra sono chiuse senza contrazione visibile. La parte posteriore della lingua si abbassa per facilitare il passaggio del bolo e la respirazione viene temporaneamente arrestata.

Queste due fasi sono consapevoli e volontarie e ciò è importante ai fini terapeutici poiché è possibile correggere squilibri funzionali con la terapia miofunzionale10. Nella deglutizione corretta il cibo è ingoiato con una pressione intraorale negativa11. La deglutizione nel neonato o infantile è una parte del complicatissimo riflesso di suzione; sia la suzione che la deglutizione devono essere sviluppate già alla nascita affinché il bambino possa nutrirsi12. La deglutizione infantile è presente durante il periodo dell’allattamento e nei primi mesi di vita10. Nel neonato la deglutizione della saliva avviene con la lingua interposta tra i cuscinetti gengivali e con l’intervento della muscolatura facciale che stabilizza la mandibola, giocando un ruolo primario durante l’allattamento9. Questo tipo di deglutizione è dettato sia da un’esigenza del tutto fisiologica, ossia dalla necessità che ha il piccolo di nutrirsi tramite la suzione del latte dal seno materno, sia dal fatto che la lingua fino ai 6 mesi dopo la nascita occupa interamente il cavo orale essendo già sufficientemente sviluppata rispetto alla crescita ossea del complesso cranio-maxillo-facciale. Basti pensare che il peso della lingua nel neonato è pari alla metà del peso della lingua nell’adulto10. L’allattamento al seno materno riveste un ruolo molto importante nel determinare la crescita armonica delle componenti dell’apparato stomatognatico. La lingua afferra il capezzolo materno e lo spinge contro il palato duro; il capezzolo quindi si allunga adattandosi al palato11.

La mandibola viene successivamente stabilizzata dai muscoli mimici, le labbra vengono serrate intorno al capezzolo materno, garantendo un sigillo anteriore. Il capezzolo viene quindi compresso tra il palato duro e la lingua spremendo il latte verso l’istmo delle fauci9. Il bambino in questo modo riesce a regolare il flusso di liquido che assume secondo le proprie necessità11. Tre fattori sono molto importanti nell’allattamento al seno: la lunghezza del capezzolo, la sua flessibilità e l’entità del flusso attraverso il capezzolo. Nell’allattamento naturale il neonato è in grado di controllare questi tre parametri11 ed è indotto a un esercizio muscolare che influenza positivamente la crescita delle basi ossee e lo sviluppo della muscolatura periorale9. Il passaggio dalla deglutizione infantile a quella adulta avviene in diversi mesi e dipende dai tempi di maturazione di importanti eventi di sviluppo neuromuscolare. La maggior parte dei bambini è in grado di raggiungere la deglutizione adulta già entro il primo anno e mezzo di vita12.

Tale passaggio molto graduale è dettato dalla maturazione di diverse componenti anatomo-funzionali e dallo sviluppo neuromuscolare dell’apparato stomatognatico: la crescita della cavità orale, del faringe, della lingua in lunghezza, dello scheletro facciale in basso e in avanti; l’eruzione infine degli incisivi intorno ai 6 mesi favoriscono l’acquisizione di una iniziale modifica della deglutizione con una postura più arretrata della lingua9. Se la deglutizione infantile è in rapporto con la suzione, la deglutizione matura lo è con la masticazione12. Ogni deglutizione che si allontani da quella fisiologica può e deve considerarsi atipica. Dobbiamo considerare che ogni individuo deglutisce in media due volte al minuto durante la veglia e una volta al minuto durante il sonno, per complessivi 2500 atti deglutitori al giorno. Ogni volta che un individuo deglutisce esercita una forza di pressione tra i 680 e i 2700 grammi11 con una media di 1800 grammi per ogni atto di deglutizione, sviluppando circa 3.600.000 grammi complessivi di pressione nell’arco delle ventiquattro ore11. Alla luce di questo si può ben comprendere quali danni possa determinare una posizione anomala della lingua quando la stessa non sia rivolta alla zona del palato duro ove sono presenti le pliche arciformi, area capace di sopportare tale forza, ma quando spinga contro i denti o dell’arcata superiore o di quella inferiore, oppure quando si interponga tra le arcate (Figura 1).

Si riscontrano di conseguenza morsi aperti di entità variabile, morsi incrociati mono o bilaterali, discrepanze dento-alveolari. Queste situazioni cliniche necessitano di un intervento precoce che risulta essere sicuramente più efficace se consideriamo la plasticità delle strutture a cui viene rivolto13. L’obiettivo di questo lavoro è dimostrare come anche l’Odontoiatra, in presenza di abitudini viziate che non rientrino in problematiche più complesse come alterazioni fonetiche, gravi patologie sistemiche o disturbi neurologici, possa essere in grado di instaurare un programma di terapia miofunzionale semplificato ma allo stesso tempo efficace. Tale programma potrebbe coadiuvare un trattamento ortopedico-ortodontico o precedere lo stesso limitandone la difficoltà. La terapia miofunzionale consiste in una serie di esercizi finalizzati a cancellare gli schemi motori anomali e rieducare il sistema neuromuscolare a nuovi schemi, inquadrati nell’ambito della fisiologia10. In definitiva, è un trattamento preposto alla rieducazione degli squilibri neuro-muscolari del distretto oro-facciale, finalizzato alla ricerca di un’armonia sia in fase statica che dinamica. Un intervento di questo tipo, realizzato precocemente, rappresenta un’efficace terapia causale la quale può ristabilire un corretto bilanciamento neuromuscolare attraverso l’eliminazione della noxa patogena. Ne consegue la ricostituzione di un fisiologico rapporto tra crescita ossea e funzione muscolare. Tutto ciò al fine di consentire una crescita eugnatica dell’apparato stomatognatico, grazie alla rimozione dell’interferenza, e di sfruttare al meglio il potenziale di crescita del soggetto ma altresì a seguire la riduzione del rischio di recidiva dopo trattamento ortodontico, possibile nonostante l’utilizzo di apparecchiature di contenzione.

Materiali e metodi

Tredici pazienti di età compresa tra i 9 e i 12 anni, otto femmine e cinque maschi, affetti da deglutizione atipica e morso aperto anteriore sono stati selezionati e sottoposti alla nostra valutazione che ha richiesto per ciascuno di loro l’esecuzione di fotografie del cavo orale e del viso, una ortopantomografia, una teleradiografia in proiezione laterale sulla quale è stato realizzato un esame cefalometrico e, infine, il rilievo di impronte per lo sviluppo di modelli in gesso. L’esame cefalometrico, eseguito secondo la metodica standard, è stato realizzato prima dell’avvio della terapia miofunzionale (T1) e a distanza di dodici mesi, al termine della stessa durante la fase di mantenimento (T2). In particolare, sono stati presi in considerazione i valori relativi all’angolo NSL/ML (compreso fra la linea Sella-Nasion e la linea mandibolare), all’angolo UI/SN (compreso fra l’asse dell’incisivo cefalometrico superiore e il piano Sella-Nasion) e all’angolo LI-ML (compreso fra l’asse dell’incisivo cefalometrico inferiore e il piano mandibolare). Un’analisi statistica dei valori cefalometrici è stata effettuata all’inizio (T1) e al termine della terapia miofunzionale (T2). I dati sono stati valutati con un software dedicato (GraphPad) e il significato statistico è stato fissato al valore di 0,05.

Al momento dell’inizio della terapia al singolo paziente e ai suoi genitori vengono spiegate dal clinico in modo esaustivo l’importanza di una corretta deglutizione, la differenza tra la deglutizione dell’adulto e quella del neonato, le conseguenze della permanenza di quest’ultima. Si passa quindi a illustrare il programma di terapia miofunzionale, la sua importanza e le sue difficoltà, ma anche i suoi limiti. Il programma di terapia miofunzionale adottato si articola in un insieme semplificato e attentamente pianificato di esercizi a difficoltà crescente eseguiti dai pazienti in studio con l’ausilio di uno specchio. Nel presente lavoro gli Autori propongono un protocollo terapeutico riabilitativo logopedico della deglutizione atipica che sia ripetibile e che consiste in tre fasi terapeutiche: la fase di propriocezione, la fase di riabilitazione cinematica e, infine, il mantenimento. Il protocollo terapeutico viene eseguito per un periodo di tempo non inferiore ai dodici mesi. Gli stessi pazienti e i genitori sono stati adeguatamente istruiti sul protocollo terapeutico riabilitativo adottato e una volta ottenuto il consenso informato in forma scritta da parte dei genitori dei pazienti, questi ultimi si sono impegnati a svolgere anche a casa i medesimi esercizi.

All’appuntamento successivo viene verificato dal clinico l’apprendimento degli esercizi eseguiti. Al momento dell’assegnazione di nuovi esercizi è fornito al paziente un cartoncino-promemoria personalizzato, con la descrizione accurata delle modalità dell’esercizio terapeutico da eseguire a casa. Dobbiamo evidenziare come sia indispensabile dare fiducia al paziente, motivarlo e gratificarlo quando esegue correttamente gli esercizi. Responsabilizzarlo in questo suo nuovo percorso è essenziale: va puntualizzato infatti che la terapia è un suo impegno e che i genitori possono solo fungere da sostegno. La tecnica migliore è quella di correggere separatamente e gradualmente le tre porzioni della lingua per poi passare agli esercizi di coordinazione delle stesse10. Gli Autori hanno inteso seguire questo schema impegnativo per il paziente, poiché gli esercizi per i tre segmenti della lingua rischiano di sovrapporsi in un inutile schema additivo. Il clinico, inoltre, dovrebbe adattare il piano terapeutico a ogni paziente individualizzandolo. Vi potrebbe anche essere la necessità di integrare il protocollo interessando la muscolatura periorale con altre tipologie di esercizi. Il primo esercizio (“lingua a posto”) del programma di terapia miofunzionale (Fase 1) è volto all’acquisizione di un rapporto di familiarità con il palato e, in particolar modo, con la zona delle rughe palatine ovvero con la papilla retro-incisiva, chiamata “spot”. Fornendo al paziente uno specchio si indica la zona interessata e poi si invita lo stesso a intercettarla con la punta della lingua (Figure 3-5).

Per quanto tale esercizio possa apparire semplice, esso non lo è affatto per i pazienti che presentano una deglutizione atipica, poiché sono abituati a posizionare la punta della lingua quasi sempre sulle superfici linguali dei denti o tra le arcate. È consigliabile far ripetere l’esercizio più volte in studio al fine di agevolarne l’apprendimento. Si invita quindi il paziente a sistemare un elastico ortodontico sulla punta della lingua che va posizionata allo spot mantenendo la bocca aperta (Figure 6, 7). A casa i pazienti eseguiranno l’esercizio iniziando con un tempo di cinque secondi per tre volte al giorno e sempre con l’ausilio di uno specchio. Successivamente, il tempo sarà incrementato passando dai cinque sino ai quindici secondi, sempre tre volte al giorno. Quando il paziente ha appreso con esattezza il movimento da eseguire è possibile passare a un nuovo esercizio il cui nome è “1,2,3”. Al momento 1 va posizionato l’elastico sulla punta della lingua e la lingua allo spot; al momento 2 bisogna portare a contatto i denti e aprire con forza le labbra; al momento 3 il piccolo paziente deve deglutire14. Tale esercizio rieduca la parte intermedia della lingua, quella che spinge contro il palato duro, e se il paziente si è ben esercitato può anche applicare un secondo elastico sulla parte centrale della lingua: durante l’esercizio il soggetto solleverà il dorso della lingua fino a far toccare questo secondo elastico sul palato10. In questo modo si inizia a preparare il paziente al meccanismo della deglutizione vero e proprio anche se ingoia solo saliva. Il bambino deve effettuare questo esercizio per più volte al giorno sempre davanti allo specchio in modo da poter controllare la posizione della lingua.

I pazienti con deglutizione atipica generalmente presentano spazi laterali o morso aperto anteriore, per cui stando davanti allo specchio sono in grado di visualizzare l’interposizione della lingua in questi spazi. In questa fase va valutata la possibilità di associare degli esercizi che interessino la muscolatura periorale o i muscoli masticatori. L’esercizio del massaggio del labbro superiore ne è un esempio qualora il paziente mostri labbro superiore corto e incompetenza labiale. Esso consiste nel portare il labbro inferiore il più in alto possibile al di sopra di quello superiore e nell’esercitare una trazione verso il basso dello stesso (Figura 8)14. Una volta superata la prima fase terapeutica di propriocezione è possibile avviare quella successiva di riabilitazione cinematica (Fase 2). L’esercizio “biscotto” si assegna nel momento in cui il paziente esegue agevolmente gli altri esercizi e ormai non ha alcuna difficoltà a mantenere la lingua allo spot durante l’esecuzione degli stessi. Tale esercizio inizialmente presenta un’elevata difficoltà, ma prepara a deglutire anche i solidi. Il bambino deve mangiare un biscotto secco a piccoli morsi, ammorbidirlo con la saliva fino a formare una poltiglia da raccogliere al centro della lingua, punto in cui si è allenato a tenere il secondo elastico; deve simultaneamente posizionare un elastico sulla punta della lingua e, dopo aver portato la lingua sotto al palato, ingoiare il bolo con le labbra aperte14. La deglutizione dei liquidi viene invece controllata invitando il paziente a bere un bicchiere d’acqua sempre con la lingua allo spot e tenendo i denti a contatto mentre un indice viene poggiato sul massetere (Figura 9); da questo momento ogni volta si dovrà ingoiare in questo modo, facendo passare il liquido negli spazi interdentali14.

Solo in questa fase si può chiedere al bambino di deglutire mettendo insieme gli esercizi appresi, passando dalla deglutizione dei liquidi a quella dei cibi semisolidi, ai solidi e quindi al pasto completo10. Al termine dei primi due momenti terapeutici è seguita una fase di mantenimento (Fase 3), con appuntamenti di controllo a cadenza mensile, sino a raggiungere i dodici mesi dall’inizio della terapia miofunzionale attiva. I pazienti inseriti in un simile programma terapeutico, se adeguatamente motivati e controllati, eseguono gli esercizi di buon grado, acquisendo un’abitudine corretta in media in sei mesi. Il controllo a distanza di un anno dall’inizio della terapia di mantenimento ha lo scopo di monitorare l’efficacia degli esercizi eseguiti a casa e la permanenza dei risultati precedentemente ottenuti. I pazienti che si mostrano poco collaboranti e poco interessati già in studio al momento della spiegazione degli esercizi sono gli stessi che a casa eseguono gli esercizi senza costanza e soprattutto solo su invito e sotto il controllo dei genitori. Tali pazienti, pur motivati in numerose occasioni e in presenza dei genitori, se persistono nel dimostrare scarsa applicazione vanno rimossi dal programma terapeutico miofunzionale.

Risultati

A dodici mesi di distanza dall’inizio della terapia miofunzionale, durante la fase di mantenimento, sono state rilevate per ogni paziente delle impronte per lo sviluppo di modelli in gesso da gipsoteca e sono stati nuovamente eseguiti una teleradiografia in proiezione laterale con relativo esame cefalometrico. La terapia miofunzionale è stata in grado di riabilitare la posizione linguale. Dopo dodici mesi di terapia costante si è potuto infatti osservare clinicamente la chiusura del morso anteriore (Figure 10a, 10b); cefalometricamente un controllo della crescita verticale delle ossa mascellari con una riduzione dell’angolo compreso fra il piano SN e il piano mandibolare ML (T1=34.400, T2=32.930), una riduzione dell’inclinazione degli incisivi superiori UI/SN (T1=115.600, T2=107.400) e degli incisivi inferiori LI/ML (T1=97.700, T2=96.600) (Tabella 1). In particolare, i dati relativi all’angolo NSL/ML misurati a T2 presentavano delle variazioni statisticamente significative con un P<0,05; i dati relativi all’angolo UI/SN delle variazioni di significato statistico elevato con un P<0,01; i dati relativi all’angolo LI/ML delle variazioni non statisticamente significative con un P>0,05.

 Tabella 1 - Diagrammi di flusso
Tabella 1 – Diagrammi di flusso

Discussione

A questo punto della terapia il bambino riesce a deglutire sia i solidi che i liquidi in modo corretto, ma tutto ciò avviene ancora consciamente non essendosi instaurato un meccanismo automatico. Il paziente deve pensare e concentrarsi mentre si esercita deglutendo per poter eseguire una tecnica corretta; purtroppo durante la giornata e il sonno egli continuerà a deglutire in modo scorretto10. Lo scopo del periodo di mantenimento è proprio quello di automatizzare il meccanismo e portare quanto è stato appreso a livello del subconscio. Il bambino deve essere controllato mensilmente per queste motivazioni e il clinico deve intervenire con opportuni esercizi o rinforzi motivazionali10. Il trattamento miofunzionale, durante la dentizione mista, permette di raggiungere un buon funzionamento del sistema orale nell’attesa del completamento della dentatura e dello sviluppo. Tutto ciò è ottenuto con un orientamento favorevole della crescita e grazie alla determinante collaborazione da parte del paziente. Esso offre inoltre l’opportunità di stabilire un rapporto armonico tra le varie componenti facciali, con l’obiettivo concreto che la crescita possa procedere in modo coordinato15.

La terapia miofunzionale è fortemente indicata nei pazienti in crescita poiché gli schemi nervosi, depositari della memoria corticale, sono ancora in fase di strutturazione16. La rimozione delle interferenze funzionali e delle problematiche dentali rappresenta infatti il modo migliore per aiutare il paziente a raggiungere il suo potenziale genetico di crescita15. La permanenza di una deglutizione infantile può contribuire a determinare o peggiorare una malocclusione clinicamente rilevante per il potenziale squilibrio sull’accrescimento e sulla maturazione dell’intero apparato stomatognatico; da qui l’importanza di un trattamento ortopedico-ortodontico con finalità miofunzionali17. L’odontoiatra ha infatti la possibilità di intervenire secondo una logica preventiva, il più precocemente possibile, giocando un ruolo cruciale nell’intercettazione di parafunzioni e anomalie del linguaggio: è importante che egli sappia gestire una terapia logopedica di supporto o che si avvalga della collaborazione di uno specialista nei casi più gravi16.

Tabella 2 - VALORI MEDI CEFALOMETRICI E DEVIAZIONI STANDARD RELATIVI ALLE MISURE ANGOLARI NSL/ML, UI/SN E LI/ML, REGISTRATI SU UN NUMERO DI 13 PAZIENTI A T1 (INIZIO DELLA TERAPIA MIOFUNZIONALE) E T2 (A DODICI MESI DA T1)
Tabella 2 – VALORI MEDI CEFALOMETRICI E DEVIAZIONI STANDARD RELATIVI ALLE MISURE ANGOLARI NSL/ML, UI/SN E LI/ML, REGISTRATI SU UN NUMERO DI 13 PAZIENTI A T1 (INIZIO DELLA TERAPIA MIOFUNZIONALE) E T2 (A DODICI MESI DA T1)

Conclusioni

L’eliminazione della parafunzione contribuisce al miglioramento delle condizioni occlusali del paziente destinato a un’ortopedia funzionale. Si può a tal proposito considerare la terapia miofunzionale come un efficace coadiuvante in questo tipo di trattamento (Figura 5), che nella maggior parte dei casi è finalizzato con apparecchiatura multibrackets. Nel corpo umano crescita, sviluppo e involuzione sono per tutto l’arco della vita in diretto rapporto con la funzione; la forma e la funzione, indissociabili fin dalla nascita, sono anche in stretta relazione con la postura18. Si deduce quindi che una diagnosi che prenda in considerazione i fattori genetici, epigenetici e ambientali, cioè la matrice funzionale dell’individuo globalmente inteso, è in grado di impostare una terapia elettiva individuale18. È noto infatti come l’eliminazione di una disfunzione neuromuscolare possa migliorare la crescita e lo sviluppo di interi distretti osteoarticolari15.

Fondamentale è fare una diagnosi precoce delle anomalie oro-facciali e delle abitudini viziate, al fine di elaborare un trattamento intercettivo che possa, eliminando l’interferenza, condizionare favorevolmente la crescita dei tessuti duri e molli del complesso dento-facciale in toto12. È necessario tenere conto che ogni piccolo paziente ha i suoi tempi di apprendimento, per cui se per alcuni è possibile procedere in maniera più spedita con gli esercizi per altri invece è necessario soffermarsi per più tempo sul medesimo esercizio. Il goal terapeutico si ottiene se l’operatore riesce a instaurare un rapporto d’amicizia con i piccoli pazienti i quali devono percepire attenzione, stima e disponibilità. Un atteggiamento dell’odontoiatra interessato alle loro attività, al loro andamento scolastico, a conoscerli un po’ meglio e a non focalizzare l’attenzione esclusivamente sugli esercizi li predisporrà favorevolmente alla terapia miofunzionale. È quindi indispensabile dedicare un tempo adeguato a ogni incontro.

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Corrispondenza
Graziano Montaruli
Via Rapisardi, 9
70033 Corato (Ba)
studiomontaruli@alice.it

Conflitto di interessi
Gli Autori dichiarano di non aver alcun conflitto di interessi.

Finanziamenti allo studio
Gli Autori dichiarano di non aver ricevuto alcun finanziamento per il presente studio.

Esercizi semplificati in terapia miofunzionale: presentazione di un protocollo terapeutico - Ultima modifica: 2015-01-12T16:48:58+00:00 da Redazione

1 commento

  1. Buonasera, mia figlia provò con questo metodo intorno agli 8 anni senza successo perchè a parer mio troppo piccola. Dopo apparecchio mobile, apparecchio fisso, posizionatore e frenulectomia a mio parere il problema rimane quello della deglutizione. Ha anche significativi problemi di pronuncia. Ha 16 anni, siamo ancora in tempo?