Ruolo ed efficacia degli irriganti canalari in endodonzia

L’endodonzia è senza dubbio una delle materie che, nel corso della storia dell’odontoiatria, hanno conosciuto le maggiori variazioni, sia sul piano delle metodiche che su quello dei materiali utilizzati. Ciononostante, ancora oggi molti clinici la vedono come una procedura “a rischio”. Ciò avviene forse anche a causa – paradossalmente – della varietà delle sistematiche presenti sul mercato e dei protocolli disponibili in Letteratura. Il motivo principale, però, rimane probabilmente il fatto che, a fronte di risultati apparentemente impeccabili (soprattutto dal punto di vista radiografico), è possibile osservare recidiva di patologia periapicale o, comunque, altre problematiche di ambito endodontico. Ciò può avvenire tipicamente perché nell’ambiente canalare sono stati lasciati serbatoi tossinfettivi, che vanno poi a risvegliarsi, soprattutto a medio e lungo termine.

Una delle fasi più significative nel prevenire problematiche di questo genere è sicuramente la detersione. Questa è la somma di una fase meccanica, ossia la sagomatura dei canali attraverso strumenti endodontici e l’irrigazione, cioè il lavaggio attraverso specifiche soluzioni.

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Concentrandosi proprio sull’irrigazione, si potrà dire che il suo scopo principale consiste nella rimozione dei detriti organici e inorganici e in un’azione antibatterica ad ampio spettro.

Oggigiorno, l’irrigante maggiormente in uso è sicuramente l’ipoclorito di sodio (NaClO), che si trova in commercio tipicamente in soluzione al 5%. L’oggetto principale di questa trattazione, perciò, sarà proprio l’ipoclorito, oltre al chelante al quale tipicamente viene accoppiato.

NaClO è molto efficace nei confronti di tutta la componente organica da rimuovere: dissolve il tessuto necrotico e la componente organica del fango dentinale, agisce nei confronti dei batteri (anche organizzati in biofilm) ed è in grado di penetrare nei tubuli dentinali in maniera soddisfacente. Diversi Autori osservano come questo composto si esprima al meglio se portato a una temperatura intorno ai 40-50°C e sottolineano come necessiti di un certo tempo per agire correttamente (orientativamente 30-40 minuti per elemento, sostituendolo ogni 3 minuti circa).

Video che illustra l’utilizzo di NAClO ed EDTA in endodonzia

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Video updated on Youtube by Advanced Endodontics

Come già anticipato, l’ipoclorito di sodio non viene utilizzato singolarmente, ma viene accoppiato ad un chelante del calcio. Questo perché già dal 1977 (studio di Lester e Boyde) è stato dimostrato che l’ipoclorito non è in grado di dissolvere la componente inorganica della dentina. In questo senso, il composto più largamente utilizzato è senza dubbio l’acido etilendiaminotetraacetico (EDTA), disponibile liquido e in gel. Questa seconda formulazione viene frequentemente utilizzata per lubrificare gli strumenti montati.

Volendo perciò impostare un protocollo di base – anche se non è questo lo scopo precipuo del presente articolo – Autori suggeriscono semplicemente di praticare frequenti lavaggi con ipoclorito di sodio nel corso di tutta la terapia canalare. A fine strumentazione, può essere sufficiente un singolo lavaggio con EDTA liquido, al fine di rimuovere lo smear layer. Successivamente, la disinfezione potrà essere completata ulteriormente con ipoclorito.

Ruolo ed efficacia degli irriganti canalari in endodonzia - Ultima modifica: 2016-03-12T07:08:14+00:00 da redazione