Riassunto
Introduzione. Quando i difetti dello smalto interessano i denti anteriori possono rappresentare un grave problema estetico per i giovani pazienti. Derivati della caseina, come il fosfopeptide di caseina-fosfato di calcio amorfo (CPP-ACP), sono stati recentemente proposti come agenti remineralizzanti. L’uso del perossido di carbammide (CP) non è raccomandato in questi casi per non evidenziare i difetti e scatenare ipersensibilità. Scopo del lavoro è proporre una metodica di trattamento dei difetti dello smalto attraverso l’uso combinato di derivati della caseina e perossido di carbammide.
Materiali e metodi. Due soggetti adolescenti sono stati selezionati, uno con ipomineralizzazione molare e incisiva e l’altro con Amelogenesi Imperfetta. Fotografie degli elementi affetti sono state realizzate prima dell’inizio del trattamento e a ogni visita di controllo. Impronte in alginato sono state eseguite per realizzare mascherine individuali. I pazienti sono stati istruiti a utilizzarle due ore al giorno per tre mesi con il CPP-ACP, al fine di ottenere una remineralizzazione dei difetti. Dopo questo periodo, ha avuto inizio l’uso combinato di CPP-ACP e CP. I pazienti sono stati istruiti a utilizzare per non più di due giorni consecutivi alla settimana l’agente sbiancante e, nei restanti cinque giorni, l’agente remineralizzante, ripetendo tale procedura per almeno due mesi.
Risultati. Una riduzione visibile dei difetti dello smalto è stata osservata dopo l’uso combinato degli agenti, in assenza di effetti secondari.
Conclusioni. L’uso combinato di CPP-ACP e CP ha dimostrato di essere efficace nel migliorare l’estetica dei denti colpiti da difetti dello smalto, preservando il tessuto dentale, secondo i criteri dell’Odontoiatria minimamente invasiva.
Summary
Treatment of enamel defects with a combined use of casein derivatives and carbamide peroxide
Introduction. Enamel defects are frequently detected on anterior teeth, producing a significant aesthetic problem especially for young patients. Casein derivatives, as Casein Phosphopeptide-Amorphoum Calcium Phosphate (CPP-ACP), have been recently proposed to remineralize the affected enamel. The use of carbamide peroxide (CP) is not recommended on these teeth, because it can highlight the defect and cause tooth sensitivity. The aim of the present report is to propose a treatment approach to enamel defects with a combined use of casein derivatives and carbamide peroxide.
Materials and methods. Two adolescents, presenting enamel defects, were enrolled: one with Molar Incisors Hypomineralization and the other with Amelogenesis Imperfecta. Pictures were taken before the beginning of the treatment and at every dental visit, monthly or weekly performed. Alginate impressions were taken to realize customs trays. The patients were instructed to use two hours/day the trays with CPP-ACP inside for three months, in order to obtain a remineralization of the enamel defects. After this period, a combined use of CPP-ACP and CP was applied. The patients were instructed to use for no longer than two consecutive days/week the bleaching agent and, in the remaining five days, the remineralizing agent; this protocol lasted two months at least.
Results. A visible reduction of the enamel defects was observed after the combined use of the two agents, without any adverse effect.
Conclusions. The combined use of CPP-ACP and CP has shown to be effective in improving teeth’s aesthetics, preserving the natural tooth structure, according to Minimal intervention dentistry criteria.
L’evoluzione delle tecniche e dei materiali in Odontoiatria negli ultimi due decenni ha permesso il raggiungimento di risultati estetici eccellenti in ambito conservativo, protesico e parodontale. Gli attuali protocolli operativi permettono una gestione ottimale del paziente con risultati altamente predicibili anche in caso di trattamenti multidisciplinari complessi. Ad oggi, tuttavia, permangono ancora molti dubbi sulla gestione dei pazienti affetti da difetti dello smalto come Amelogenesi Imperfetta (AI) o ipomineralizzazioni (MIH – Molar Incisor Hypomineralization), soprattutto dal punto di vista estetico/conservativo.
Il termine Amelogenesi Imperfetta (AI) indica un gruppo clinicamente e geneticamente eterogeneo di condizioni che affliggono lo smalto dentale coinvolgendo tutti gli elementi. Lo smalto, nei pazienti affetti da AI, è caratterizzato da ipomineralizzazione, ma è spesso colpito anche da ipoplasia. Può essere presente discolorazione e ipersensibilità; lo smalto, inoltre, può essere precocemente soggetto a usura e frattura a causa della sua fragilità1. L’eziologia dell’AI comprende cause ereditarie associate a geni in forma autosomica dominante o recessiva o legata al sesso. La prevalenza della patologia varia, a seconda della popolazione studiata, da 1:700 in un campione svedese fino a 1:14.000 in una indagine svolta negli Stati Uniti2. Nelle Figure 1 e 2 sono riportate le fotografie endorali frontali di un fratello e di una sorella affetti da AI con smalto ipomaturo.
I problemi dentali che l’AI comporta per il paziente affetto si ripercuotono in maniera spesso importante anche sulla vita relazionale. Un periodo della vita delicato dal punto di vista emotivo-relazionale è l’adolescenza e per i pazienti affetti da AI può esserlo in modo particolare; questi soggetti, infatti, possono diventare solitari e introversi a causa del disagio estetico e arrivare a richiedere la protesizzazione di tutti gli elementi dentari per nascondere il difetto1.Il trattamento dei pazienti affetti da AI prevede l’intervento, prima di tutto, attraverso i principi della prevenzione e dell’Odontoiatria minimamente invasiva (Minimal Intervention Dentistry). Nella maggior parte dei casi, tuttavia, l’intervento conservativo/protesico è inevitabile nell’arco della vita1. Le ipomineralizzazioni molari e incisive (Molar Incisor Hypomineralisation – MIH) sono difetti nella formazione dei tessuti duri dentali che affliggono in genere i primi molari e gli incisivi permanenti. Le ipomineralizzazioni sono il risultato dell’azione sistematica, durante il periodo prenatale, perinatale e postnatale, di fattori ambientali, uso di farmaci e predisposizione genetica3,4. Diversi fattori eziologici sono stati associati a questi difetti, come deficit nell’apporto di ossigeno agli ameloblasti, diossina nel latte materno, malattie respiratorie, fattori ambientali, uso di amoxicillina durante i primi mesi di vita5. Non un singolo fattore eziologico è stato, tuttavia, ancora collegato allo sviluppo di MIH in modo inequivocabile6. Clinicamente le ipomineralizzazioni si presentano come opacità dello smalto ben delimitate, che possono assumere una colorazione dal bianco al marrone. Lo smalto degli elementi dentari affetti da MIH, meno mineralizzato e quindi meno resistente, può essere soggetto a rapida usura e disgregazione4. Nelle Figure 3 e 4 è illustrato il caso di una bambina di 7 anni affetta da MIH di grado lieve sia sul gruppo frontale, sia sui primi molari permanenti.
La prevalenza delle MIH nella popolazione è ancora molto discussa, ma i dati presenti in letteratura riportano un range che varia tra il 2,4% e il 40,2%4,7. Sia le ipomineralizzazioni molari/incisive sia l’Amelogenesi Imperfetta sono alterazioni estetiche e strutturali dello smalto di frequente riscontro nella pratica clinica quotidiana. Nei casi in cui tali difetti si presentino in forme lievi, senza che vi sia associata ipoplasia, il disagio per i pazienti è, generalmente, solo estetico; in genere, infatti, si evidenziano macchie biancastre più o meno diffuse sulla superficie vestibolare degli elementi permanenti. Capita frequentemente che il paziente affetto da difetti dello smalto giunga all’odontoiatra richiedendo uno sbiancamento, pensando così di poter mascherare le imperfezioni. Come è noto, tuttavia, sottoporre elementi dentari affetti da difetti dello smalto, soprattutto MIH, anche in forma lieve, a trattamento sbiancante produce un effetto contrario a quello desiderato: i difetti, meno mineralizzati rispetto allo smalto sano, diventano ancora più evidenti esaltando il loro aspetto bianco/gessoso. Quando poi i difetti sono particolarmente estesi, il rischio di creare un’importante ipersensibilità al paziente è rilevante8,9. La richiesta di estetica da parte dei pazienti, tuttavia, è molto aumentata negli ultimi anni e difetti dentali anche lievi non vengono più ritenuti accettabili: è necessario che l’odontoiatra proponga una soluzione al problema. L’approccio, in questi casi, prevede metodiche come la microabrasione delle superfici o l’eliminazione dello smalto affetto, ricostruito poi in composito10. Questa metodica, piuttosto invasiva, rappresenta spesso l’unica soluzione per correggere i difetti estetici prodotti dall’ipomineralizzazione. È evidente, quindi, la necessità di sviluppare nuove metodiche di approccio al problema che non prevedano il ricorso alla perdita di sostanza dentaria. Da qualche tempo sono state introdotte sul mercato mousse a base di calcio, fosfato e fluoro in forma altamente biodisponibile che sono in grado di fornite allo smalto affetto da ipomineralizzazione i minerali di cui è carente.
L’uso di tali prodotti nei casi di Molar Incisor Hypomineralization sembra essere molto efficace3,4,6. In particolare, il fosfopeptide di caseina-fosfato di calcio amorfo (CCP-ACP), commercialmente conosciuto con il nome di Recaldent®, basa le sue peculiari caratteristiche sulla capacità di stabilizzare il fosfato di calcio, legando il fosfato di calcio amorfo e formando così micelle di CPP-ACP. Queste micelle fungono da serbatoio di ioni calcio e fosfato biodisponibili che si legano alla placca batterica e alle superfici dentarie e che vengono rilasciati creando un ambiente sovrassaturo di minerali. Il rilascio di ioni calcio, fosfato e fluoro dal CPP all’interno della placca batterica è un processo guidato termodinamicamente; tuttavia questo è anche promosso da bassi valori di pH. Nel momento in cui i batteri producono acidi come prodotti del loro metabolismo, il rilascio di ioni calcio, fosfato e fluoro dai complessi aumenta. Se il CPP rimane intatto all’interno della placca batterica può essere considerato come un contenitore di ioni salivari; se, infatti, il pH risale nuovamente gli ioni calcio, fosfato e fluoro precedentemente rilasciati in saliva possono venire ricatturati per aumentare i livelli ionici in placca11. Purtroppo le peptidasi e le fosfatasi presenti nella placca sono in grado di degradare i fosfopeptidi che, quindi, perdono la capacità di legare ioni. È utile, però, notare che la degradazione enzimatica del CPP produce ammoniaca e ciò si traduce in un aumento del pH della placca. Questo processo contribuisce all’inibizione della demineralizzazione dei tessuti duri dentali e alla promozione dei processi di remineralizzazione11,12.
Ricerche in vitro e in vivo stanno dimostrando che l’applicazione per lunghi periodi (alcuni mesi) di mousse a base di Recaldent sia efficace nel remineralizzare i difetti da ipomineralizzazione, anche se sono necessarie ulteriori ricerche per validare tali metodiche. Quando i difetti sono più estesi e più marcati anche dal punto di vista estetico, l’approccio ideale prevede una prima fase di remineralizzazione e, solo successivamente, la terapia conservativa per andare a correggere solo quella porzione di tessuto su cui la mousse non è risultata completamente efficace. In questo modo l’estensione della ricostruzione risulterà notevolmente ridotta e l’approccio, di conseguenza, più conservativo. In molti casi, tuttavia, il ricorso alla conservativa potrebbe essere totalmente evitato; considerando, infatti, le nuove conoscenze riguardo il meccanismo di azione del Recaldent e il fatto che molti pazienti affetti da difetti dello smalto di lieve o moderata entità giungevano alla nostra attenzione richiedendo uno sbiancamento dentale per “camuffare” la differenza nel colore tra lo smalto sano e quello affetto dal difetto, si è ipotizzato di utilizzare un trattamento combinato remineralizzante e sbiancante per produrre un miglioramento estetico nel paziente sia attraverso un processo di remineralizzazione dei difetti, sia camuffandoli con un aspetto complessivo più bianco del tessuto smalteo. I derivati della caseina vengono già utilizzati con successo in associazione a trattamenti con perossido di carbammide, sia per ridurre la sensibilità post-sbiancamento, sia per migliorare le caratteristiche fisiche (microdurezza) dello smalto trattato13,14. L’applicazione, inoltre, di questi prodotti dopo il trattamento sbiancante riduce, così come l’applicazione topica di fluoruri, l’assorbimento di pigmenti esogeni, allungando la durata nel tempo del risultato dello sbiancameno15. Lo scopo di questo lavoro è, quindi, quello di proporre e illustrare una metodica per trattare il paziente affetto da difetti dello smalto attraverso l’uso di remineralizzanti di ultima generazione (derivati della caseina) e gel sbiancanti per uso domiciliare a bassa concentrazione di perossido di idrogeno
Casi clinici
Materiali e metodi
In questo case report vengono proposti due casi clinici trattati con tale metodica, uno di un paziente affetto da Molar Incisor Hypomineralization e l’altro da Amelogenesi Imperfetta.
Entrambi i pazienti sono giunti alla nostra osservazione richiedendo un trattamento per migliorare l’estetica del sorriso; nel primo caso, il paziente affetto da MIH richiedeva uno sbiancamento, mentre nel secondo la paziente con AI esprimeva notevole disagio per la sua condizione e richiedeva, quindi, un trattamento conservativo. All’esame obiettivo del cavo orale per constatare lo stato di salute è seguita un’accurata descrizione del protocollo che si intendeva applicare, esponendo pro e contro sia al paziente, sia al genitore, trattandosi in entrambi i casi di minorenni. All’accettazione verbale è seguita la firma del modulo di consenso informato da parte dei genitori.
Durante l’appuntamento successivo sono state eseguite impronte in alginato delle arcate dentarie e sviluppati in laboratorio i modelli in gesso, sulla base dei quali il tecnico ha realizzato delle mascherine in silicone morbido del tutto simili a quelle che vengono utilizzate per gli sbiancamenti domiciliari.
L’unica differenza consisteva nel fatto che i serbatoi per il gel, oltre che sulle superfici vestibolari, sono stati posizionati anche su tutte le superfici che necessitavano di remineralizzazione come, ad esempio, quelle occlusali dei primi molari nel paziente affetto da MIH. Nel successivo incontro sono state realizzate delle fotografie frontali e occlusali del cavo orale e quelle a maggiore ingrandimento del gruppo frontale superiore, sia in visione frontale sia laterale di 3/4 per mettere in risalto i difetti.
Ai pazienti sono state consegnate le mascherine e un tubetto di mousse remineralizzante (GC Tooth Mousse, GC Corporation,Tokio, Japan). Le istruzioni fornite prevedevano di utilizzare le mascherine, dopo avere inserito la mousse remineralizzante, una volta al giorno per due ore consecutive dopo le normali manovre di igiene orale.
Il primo caso presentato è quello di un giovane di 17 anni affetto da MIH in forma moderata (Figure 5-7).
In questo caso le fotografie laterali del gruppo frontale superiore, che evidenziano l’estensione e la gravità delle ipomineralizzazioni sugli elementi frontali, sono state modificate con un software (iPhoto, Apple) per aumentare il contrasto e la saturazione dell’immagine, al fine di rendere i difetti ancor meglio identificabili (Figure 8, 9).
Il protocollo proposto è consistito, inizialmente, in 3 mesi di trattamento con mascherine e mousse remineralizzante con visite di controllo mensili. Trascorsi tre mesi di remineralizzazione, ha avuto inizio il trattamento combinato sbiancante/remineralizzante; sono state consegnate, quindi, anche le siringhe di perossido di carbammide al 20% (Opalescence 20% Whitening gel, Ultradent Products, Inc., South Jordan, UT 84095, USA) e istruito il paziente a utilizzare le mascherine con il gel due ore, un solo giorno a settimana; i restanti 6 giorni il paziente doveva continuare a usare la mousse remineralizzante. Bisogna sottolineare che una tale concentrazione di perossido di carbammide, vettore stabile del perossido di idrogeno, corrisponde a circa il 6% di tale sostanza, concentrazione universalmente considerata sicura ed efficace per lo sbiancamento domiciliare. Alla visita di controllo dopo una settimana di trattamento combinato, i risultati erano incoraggianti: non era presente esaltazione dei difetti o ipersensibilità e si è quindi optato per aumentare i giorni settimanali di sbiancamento a due. Purtroppo al secondo controllo le ipomineralizzazioni apparivano decisamente più evidenti. Era quindi necessario non eccedere con il trattamento a base di perossido di carbammide, tornando a un utilizzo monosettimanale. Il trattamento combinato ha avuto una durata complessiva di 3 mesi nei quali sono stati effettuati circa 14 giorni di trattamento sbiancante, periodo comunemente consigliato per un home bleaching. Le visite di controllo durante il trattamento combinato sono state effettuate ogni due settimane. Le immagini finali (Figure 10-12) di questo paziente affetto da MIH, testimoniano una riduzione quasi completa dell’inestetismo.
L’analisi delle foto laterali del gruppo frontale modificate al computer evidenzia, inoltre, che il processo di remineralizzazione ha avuto successo (Figure 13,14).
Il secondo caso è quello di una giovane paziente (17 anni) affetta da una forma moderata di Amelogenesi Imperfetta nella quale si evidenziano aree biancastre e giallo/marroni dello smalto, particolarmente evidenti in zona cervicale con un aspetto generale di smalto gessoso ipomineralizzato (Figura 15).
Si notano cuspidi soggette a frattura precoce (elementi 14, 16, 24, 33). Le cuspidi palatali dell’arcata superiore e vestibolari dell’arcata inferiore (Figure 16, 17) appaiono infatti interessate da fenomeni di usura a causa della scarsa resistenza offerta dal tessuto; complessivamente lo smalto appare ipomaturo e mostra uno spessore nella norma.
L’Amelogenesi Imperfetta rappresentava un serio problema estetico per la paziente e, per sua stessa ammissione, comprometteva la sua vita di relazione. Chiedeva quindi una soluzione che migliorasse l’estetica del sorriso. Il trattamento, similmente al primo caso, ha previsto 3 mesi di remineralizzazione con Recaldent e, successivamente, 2 mesi di trattamento combinato (2 giorni a settimana di sbiancante e 5 di remineralizzante). La paziente non ha riferito episodi di ipersensibilità durante la fase di sbiancamento e quindi si è potuto procedere secondo programma; la forte motivazione della paziente, inoltre, ha permesso che il trattamento venisse effettuato regolarmente e secondo le indicazioni fornite. Anche in questo caso il risultato ottenuto (Figura 18) è stato estremamente soddisfacente: l’aspetto complessivo è di un bianco omogeneo, segno che i difetti di mineralizzazione sono stati “camuffati” efficacemente grazie allo sbiancamento controllato. La paziente ha, infine, riferito grande soddisfazione per il risultato ottenuto. In Figura 19 è illustrato il risultato a sei mesi dal termine del trattamento.
Risultati e discussione
Per i pazienti affetti da difetti di formazione dello smalto nei settori frontali, il disagio estetico rappresenta, soprattutto durante la delicata fase dell’adolescenza, un problema che influenza in maniera determinante il successo nelle relazioni sociali. L’applicazione di vernici fluorate è certamente utile per migliorare le caratteristiche chimico-fisiche dello smalto affetto16, ma non ne migliora l’estetica. Mascherare i difetti sbiancando gli elementi dentali non è in linea di massima possibile, in quanto il perossido di carbammide evidenzia ancora di più l’aspetto bianco/gessoso del difetto, rischiando di peggiorare ulteriormente l’estetica degli elementi già compromessi. Lo sbiancamento, inoltre, potrebbe danneggiare lo smalto scarsamente mineralizzato e creare ipersensibilità. Le metodiche a oggi ritenute più efficaci per migliorare l’estetica del sorriso nei pazienti affetti da difetti della formazione dello smalto, come ipomineralizzazioni o Amelogenesi Imperfetta, prevedono, purtroppo, un approccio invasivo: lo smalto affetto viene rimosso per essere sostituito da una ricostruzione in resina composita. Nei casi in cui l’estensione dei difetti sia limitata solo ad alcune aree della superficie dentale, la ricostruzione diretta rappresenta l’approccio migliore. Quando, al contrario, i difetti affliggono ampie porzioni di tessuto, l’approccio deve essere maggiormente invasivo e, per ottenere risultati esteticamente soddisfacenti, le faccette in composito o ceramica rappresentano una valida soluzione. Tali procedure garantiscono risultati eccellenti anche nel lungo periodo ma, soprattutto se eseguite su pazienti in giovane età e a rischio di carie, dovranno essere sostituite più volte nel corso della vita con un approccio progressivamente sempre più invasivo17. Inoltre l’adesione su un tessuto ipomineralizzato non è mai realmente efficace e il rischio di un rapido degrado dei margini ricostruttivi, e conseguente formazione di carie sullo smalto adiacente, è assai elevato3.
Non trattare questi difetti estetici dello smalto al fine di non sacrificare tessuto dentale sano, se pur esteticamente non valido, può causare forte disagio, soprattutto in pazienti in età adolescenziale. Le relazioni sociali, infatti, possono essere notevolmente compromesse durante tale fase della vita se il danno estetico prodotto dal difetto diventa il fulcro dell’accettazione estetica del soggetto1.
È, quindi, evidente come sia necessario sviluppare nuove metodiche per la gestione dell’estetica dei pazienti affetti da difetti della formazione dello smalto di forma lieve o moderata che prevedano un approccio non invasivo. Come illustrato nella documentazione fotografica dei due casi presentati, i risultati del trattamento combinato con derivati della caseina e sbiancanti per uso domiciliare appaiono decisamente promettenti. È necessario sottolineare, tuttavia, che il limite di tale procedura risiede soprattutto nella collaborazione che i pazienti, parte attiva del trattamento, devono offrire quotidianamente. Perché il trattamento sia realmente efficace, infatti, i soggetti devono utilizzare le mascherine per circa due ore al giorno (tempo non trascurabile nell’arco della giornata) e per vari mesi (circa 5/6). È molto importante, quindi, durante gli appuntamenti di controllo stimolare efficacemente il paziente, che potrebbe perdere la motivazione e non usare con regolarità i prodotti consegnati. A tale scopo è fondamentale eseguire fotografie standardizzate del cavo orale, non solo per la necessaria documentazione clinica, ma anche perché, potendo essere mostrate al paziente, possano dimostrare l’efficacia del trattamento dal punto di vista estetico. Bisogna poi sottolineare che, nei casi clinici presentati, uno o due giorni a settimana di utilizzo del perossido di carbammide rappresentava il tempo di applicazione massimo possibile per minimizzare l’effetto di esaltazione del colore bianco/gessoso e la comparsa dell’ipersensibilità, problematiche frequenti negli elementi dentari affetti da difetti dello smalto durante i trattamenti sbiancanti. Ciò non vieta che, nei casi di lieve entità, i giorni di sbiancamento settimanali possano essere aumentati, così da ridurre la durata complessiva del trattamento. L’esperienza da noi maturata fino a ora, tuttavia, ci suggerisce di non superare tale limite.
Conclusioni
I difetti di mineralizzazione dello smalto possono comportare un importante disagio estetico per i pazienti che ne sono affetti, anche quando si presentino in forme lievi o moderate. In questi casi un approccio ricostruttivo comporta un costo biologico elevato. L’uso di sostanze ad azione sbiancante produce generalmente un’esaltazione del difetto, rendendolo più evidente.
La metodica proposta nel presente lavoro sfrutta in sinergia le capacità di agenti remineralizzanti e sbiancanti per ottenere un effetto combinato di remineralizzazione e camuffamento dei difetti. Per validare tale nuovo approccio clinico ai pazienti affetti da difetti della formazione dello smalto di forma lieve o moderata è necessario, tuttavia, trattare una casistica più ampia servendosi di un approccio standardizzato.
I risultati positivi ottenuti nei due casi clinici illustrati fanno ben sperare e ipotizzare una sempre più ampia gamma di applicazione dei prodotti remineralizzanti a base di derivati della caseina e fluoro nella correzione dei difetti lievi e moderati dello smalto, seppur con i limiti legati principalmente alla collaborazione attiva che deve offrire il paziente.
Corrispondenza
Stefano Mastroberardino
Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze della Salute
Clinica Odontoiatrica, AO San Paolo
Via Beldiletto, 1/3 – 20142 Milano
stefano.mastroberardino@hotmail.it
Stefano Mastroberardino1,3
Maria Grazia Cagetti1,3
Guglielmo Campus2,3
Laura Strohmenger1,3
1Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze della Salute, Clinica Odontoiatrica, AO San Paolo, Milano
Direttore: prof. Laura Strohmenger
2Università degli Studi di Sassari, Istituto di Clinica Odontoiatrica, Sassari
Direttore: prof. Pierfranca Lugliè
3Centro di Collaborazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’Epidemiologia e l’Odontoiatria di Comunità di Milano
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