Riassunto
L’utilizzo di impianti osteointegrati sta diventando un sempre più importante metodo di trattamento nella riabilitazione funzionale di pazienti parzialmente o totalmente edentuli. La richiesta di riabilitazioni implanto-protesiche dei settori estetici è in aumento, così come cresce, nei pazienti, l’esigenza di raggiungere un ottimo risultato estetico. Nella riabilitazione dei settori estetici, il ricorso a un innovativo tipo di impianto in zirconio di ultima generazione, in combinazione a restauri integrali in ceramica, offrono la risoluzione del problema estetico e, contemporaneamente, consentono il raggiungimento di un’elevata stabilità. Presso il Reparto di Implantologia del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche dell’Università degli Studi di Milano sono stati impiegati impianti endossei monocomponente (White SKY, Bredent, Senden, Germania), realizzati in ossido di zirconio sinterizzato stabilizzato con ittrio, per la riabilitazione di monoedentulie ed edentulie parziali nei settori frontali. L’ossido di zirconio è un materiale ceramico a elevata resistenza, derivato dalla depurazione del biossido di zirconio e del silicato di zirconio. Questo tipo di impianto ceramico, impiegato come supporto al manufatto protesico, permette di evitare i tipici inestetismi più direttamente associati a un impianto in titanio, quali colletti visibili o opacità innaturali e consente di ottenere, a partire dall’emergenza dell’impianto stesso dalla mucosa gengivale, un materiale perfettamente analogo come estetica, trasparenza e tonalità, a un dente naturale.
Summary
Aesthetic rehabilitation of frontal sectors with last generation zirconium implant: a case report
Use of osseointegrated dental implants represent an important treatment for the rehabilitation in partially and completely edentulous patients.
The demand for this type of rehabilitations in the aesthetic fields is in increase, as patient’s optimal aesthetic result requirement. The resource to an innovative fixture in zirconium, associated to integral ceramic restorations, for the rehabilitation of the aesthetic regions, binds together the resolution of possible aesthetic defects to an elevated stability. In the Implantology Unit of the Department of Surgical, Reconstructive and Diagnostical Sciences of the University of Milan, mono-component intraosseous implants (White-SKY, Bredent, Senden, Germany) made of sinterized and yttrium-stabilized zirconium oxide have been utilised for the restoration of single teeth or partially edentulous ridges rehabilitation. It is a crystalline dioxide of zirconium, obtained from the depuration of zirconium dioxide and zirconium silicate.
This ceramic system, employee as the support to integral ceramic restorations, allows to avoid unnatural opacities and visible greyish discoloration of the peri-implant soft tissue caused by titanium implants and concurs of having, from the emergency of the fixture through the gingival mucosa, an analogous material as aesthetic, transparency and tone, to a natural tooth.
Da sempre, la perdita di elementi dentali è considerata un evento compromettente sia per la funzione sia per l’estetica della bocca.
La riabilitazione per mezzo di impianti in titanio, materiale da sempre preferito per via della dimostrata biocompatibilità e per le ottimali proprietà meccaniche, ha permesso la realizzazione di nuove tecniche riabilitative dimostratesi affidabili nel tempo e capaci di sostenere un’intensità masticatoria e di occlusione paragonabili a quella di una dentatura naturale, integrando completamente i manufatti protesici nel complesso dento-facciale a livello estetico e funzionale: l’impiego di questi sistemi, associati a metallo-ceramiche per ricostruire gli elementi dentali persi, è risultato esteticamente soddisfacente in un elevato numero di casi, garantendo un buon compromesso tra estetica, stabilità e durata.
Tuttavia, nel corso degli anni, le aspettative estetiche dei pazienti sono considerevolmente aumentate, in particolar modo nella riabilitazione dei settori anteriori, e un difetto nel risultato estetico potrebbe essere potenzialmente considerato come un fallimento dell’intero piano di trattamento1: qualora fosse inserito un impianto in titanio nel contesto di tessuti molli con caratteristiche sfavorevoli, come in presenza di una mucosa peri-impiantare sottile, tipico di un biotipo sottile, o in caso di recessioni, il titanio potrebbe causare un’alterazione grigiastra della mucosa peri-implantare2-4.
Al fine di evitare i caratteristici difetti estetici associati all’inserimento di impianti in titanio, ha assunto particolare interesse la ricerca di materiali ceramici bianchi, biocompatibili, che permettano un’integrazione controllata, guidata e veloce nei tessuti. Uno dei primi materiali ceramici impiegati nella realizzazione di impianti dentali è stato l’ossido di alluminio, il quale ha dimostrato una buona osteointegrazione, ma le proprietà biomeccaniche non sono state giudicate compatibili per un carico e una durata a lungo termine. Negli ultimi anni, l’innovazione dei biomateriali e delle tecniche implantari hanno consentito nuove alternative nel campo delle protesi e della riabilitazione permettendo un miglioramento dei risultati estetici. Tra questi, l’ossido di zirconio, ottenuto dalla depurazione del biossido di zirconio e del silicato di zirconio5 ha dimostrato di possedere un alto grado di biocompatibilità ossea e tissutale6-10, e l’interfaccia osso-superficie implantare che si viene a formare durante le fasi di osteointegrazione è simile a quella ottenibile con l’inserimento di un impianto in titanio di ultima generazione.
Per questi validi motivi, l’idea di sperimentare impianti in ossido di zirconio è diventata sempre più concreta: l’impiego di impianti in zirconio stabilizzati all’ittrio, associato a ricostruzioni in ceramica integrale, permette di evitare la comparsa di possibili inestetismi, pur assicurando un’elevata stabilità e garantendo un’ottima percentuale di successo terapeutico; le riabilitazioni protesiche basate sulle metallo-ceramiche possono influenzare negativamente l’apparenza dei tessuti molli, condizione dovuta alla presenza di una struttura metallica sottogengivale. A livello tissutale, è stato dimostrato che lo zirconio presenta un grado di biocompatibilità pari al titanio11-14.
Gli autori presentano un caso di riabilitazione del settore frontale mediante l’inserimento di impianti in zirconio di ultima generazione.
Materiali e metodi
Nel reparto di Implantologia della Clinica Odontoiatrica dell’Università degli Studi di Milano sono stati impiegati impianti endossei mono-componente (White-SKY, Bredent, Senden, Germania) in ossido di zirconio stabilizzato con ittrio, per il ripristino di elementi dentali singoli o per riabilitare creste parzialmente edentule.
Gli impianti presentano un disegno conico con doppia filettatura: questa particolare forma consente una compattazione dell’osso durante la fase di inserimento dell’impianto, evitando procedure chirurgiche supplementari, una micro-compressione dell’osso spugnoso apicale e un’alta stabilità primaria.
La superficie dell’innesto è trattata con un processo di smerigliatura e presenta caratteristiche microscopiche di media rugosità (Ra 0,9-1 µm), particolarmente simile alla superficie degli impianti in titanio di ultima generazione i quali, grazie a una meticolosa selezione dei pazienti, delle sedi anatomiche di inserimento e di un’adeguata tecnica chirurgica, hanno dimostrato un’eccellente percentuale di successo.
Nella mandibola, il successo a 5-8 anni ha superato il 99% ed è pari a circa l’85% nel mascellare superiore15. L’ossido di zirconio ha caratteristiche fisiche eccellenti, quali un’alta resistenza alla flessione (900 – 1.200 MPa), una durezza considerevole (1.200 scala Vickers) e un alto modulo di Weibull (da 10 a 12).
L’abutment protesico, invece, appare liscio e non trattato, con un’altezza di 8,8 mm.
Inoltre, l’assenza di microgap tra impianto e abutment limita la perdita di osso a livello del collo dell’impianto, problema che caratterizza l’impianto posizionato con tecnica sommersa durante il primo anno dopo la riabilitazione, come dimostrato da Piattelli in uno studio sperimentale16.
Protocollo chirurgico
Premessa la presenza di un adeguato quantitativo osseo, la tecnica chirurgica è stata guidata dal fattore della densità ossea, effettuando così una preparazione individualizzata, ricercando la massima stabilità primaria. La procedura chirurgica ha previsto il posizionamento guidato degli impianti mediante l’applicazione di una mascherina chirurgica ottenuta tramite ceratura diagnostica. Le fixture sono state inserite dopo aver disegnato ed elevato un lembo mucoperiosteo a spessore totale evitando, qualora fosse possibile, incisioni di rilascio verticali in modo da ridurre il rischio di difetti estetici dovuti agli esiti cicatriziali.
Una volta preparata la sede implantare, l’inserimento dell’impianto è avvenuto inizialmente con l’ausilio di un manipolo chirurgico e completato manualmente tramite l’impiego di una chiave dinamometrica, avvitando fino a portare l’intera superficie sabbiata opaca al di sotto della cresta ossea, lasciando la porzione lucida non trattata a livello transmucoso.
Gli impianti posizionati con un torque superiore o uguale a 40 N sono stati inizialmente protetti e riabilitati con provvisori in resina acrilica cementati, liberi da carichi occlusali e da contatti nei movimenti di lateralità, mentre per gli impianti inseriti con un torque basso i manufatti protesici provvisori sono stati dotati di alette ritentive e cementati ai denti adiacenti mediante resine composite, per un periodo di 6-8 settimane, in modo da ridurre il rischio di mobilità e fallimento da sovraccarico.
I monconi sono stati adattati subito dopo l’inserimento, dato che le ceramiche all’ossido di zirconio sono isolanti termici e, non conducendo calore, possono essere rifiniti in bocca senza alcun rischio di osteonecrosi indotta dal surriscaldamento. A intervento ultimato, è stata effettuata una radiografia endorale con centratore personalizzato.
Dopo un congruo periodo, necessario a garantire la stabilità degli impianti, si è proceduto a un’ulteriore rifinitura del fine preparazione dei provvisori e a una sua ribasatura, per poi procedere alla fase definitiva con l’obiettivo di ottenere una guarigione ottimale, un risultato funzionale soddisfacente e un gradevole aspetto estetico: la riabilitazione protesica finale è stata effettuata, in caso di osso nativo, sei mesi dopo l’inserimento implantare e otto-nove mesi dopo in osso rigenerato. Il protocollo di follow-up ha previsto una visita di controllo mensile e un accertamento radiografico ogni quattro mesi.
Presentazione del caso
A un paziente di 70 anni, già in cura presso il reparto di Implantologia della Clinica Odontoiatrica, è stata proposta la riabilitazione del settore frontale, compromesso, con ceramiche integrali cementate su monconi naturali e due fixture in zirconio inserite in posizione 1.2 e 1.1.
A seguito di indagini radiografiche approfondite (figura 1), e valutata la quantità ossea in zona 1.2, si è deciso di posizionare un solo impianto in posizione 1.1.
Prima dell’intervento, il canino superiore di destra è stato preparato e, contestualmente alla rimozione delle due corone sostenute dal centrale di sinistra, è stato posizionato un provvisorio sgusciato da 1.3 a 2.1 (figure 2 e 3).
Al paziente è stata prescritta una profilassi antibiotica che ha previsto l’assunzione di due compresse di amoxicillina e acido clavulanico da 1 g (Augmentin, GlaxoSmithKline Ltd., Uxbridge UK) un’ora prima dell’intervento chirurgico.
Il provvisorio è stato rimosso e si è proceduto all’intervento dopo aver provato la dima chirurgica (figura 4); la sede implantare è stata preparata secondo il protocollo: dopo aver elevato un lembo mucoperiosteo a spessore totale esteso dal centrale superiore di sinistra al canino di destra (figura 5), la cresta ossea in prossimità della sede implantare è stata trattata con una fresa a rosetta, per poi procedere all’impiego della fresa pilota seguita dalla fresa di profondità, entrambe guidate, al fine di ottenere un’inclinazione adatta, dalla mascherina chirurgica. La sequenza è stata completata adattando la sede alla forma e alla dimensione dell’impianto con le frese finali appropriate in sequenza, prima la 3,5 mm x 12 mm, infine la 4 mm x 12 mm. La fixture in zirconio (4 mm x 12 mm, White SKY, Bredent, Senden, Germania) è stata avvitata con una coppia di 40 N (figure 6 e 7). La stabilità primaria è stata verificata mediante palpazione e percussione.
La ribasatura del provvisorio è stata effettuata a lembo aperto, al fine di garantire maggiore precisione, proteggendo preventivamente i tessuti molli e duri tramite l’ausilio di una diga di gomma per conservativa.
È stato considerato come finishing-line la spalla a 90° del moncone implantare corrispondente alla superficie non sabbiata, consentendo così ai tessuti molli di potersi posizionare a livello della superficie implantare nel miglior modo possibile. Rifinito il provvisorio, si è proceduto alla sutura dei lembi (figura 8).
I provvisori sono stati nuovamente cementati e scaricati in modo da risultare liberi da carichi occlusali e da contatti nei movimenti di lateralità (figura 9).
Il paziente ha ricevuto indicazioni sull’assunzione di analgesici post-operatori (paracetamolo 500 mg; Angelini Spa, Ancona, Italia) al bisogno e della terapia antibiotica (amoxicillina e acido clavulanico da 1 g, 3 volte al giorno per 6 giorni; Augmentin, GlaxoSmithKline Ltd., Uxbridge UK). Il paziente è stato istruito, infine, ad assumere cibi morbidi. Le suture sono state rimosse sette giorni dopo la chirurgia, durante la visita di controllo; il paziente non ha riferito dolore post-operatorio né gonfiore eccessivi.
I follow-up successivi, associati a indagini radiografiche, non hanno rilevato perdite di osso verticali (figura 10). La condizione dei tessuti molli risultava buona, senza alcun sanguinamento al sondaggio (figura 11).
La connessione protesica tra due tipi di monconi, aventi rigidità diverse, comporta una distribuzione non ottimale dei carichi durante la funzione. Questo fattore di rischio è strettamente correlato a situazioni cliniche quali una mancanza di supporto osseo necessario all’inserimento di un’ulteriore fixture che permetterebbe di evitare un’estensione protesica.
Secondo i criteri di Renouard e Rangert, questo tipo di situazione rappresenta un rischio di fallimento pari a 0,5, su un massimo di 3.
Un’estensione protesica, aumentando considerevolmente il carico sul moncone, prevede un valore di rischio pari a 1, aumentato nei casi in cui l’estensione venga eseguita in zirconio vista la notevole rigidità del materiale e comportando quindi un aumentato rischio di frattura17-19.
Per questi motivi, valutato il dissenso del paziente a sottoporsi a un intervento di innesto osseo in zona 1.2, si è preferita un’unica soluzione protesica in ceramica integrale da 1.4 a 2.1 (figura 12), piuttosto che riabilitare tramite un ponte di tre elementi cementati su premolare e canino, con estensione sull’incisivo, e due corone singole sugli elementi centrali.
Durante l’ultima visita di controllo, a quattro mesi dalla cementazione dei definitivi, si è apprezzata un’eccellente osteointegrazione e stabilità, un’ottima estetica e un naturale adattamento dei tessuti molli (figure 13 e 14).
Discussione
Gli impianti in zirconio offrono considerevoli vantaggi estetici e funzionali. Il colore bianco che contraddistingue l’impianto, e quindi l’abutment nel tratto subgengivale, consente di intensificare la traslucenza della mucosa peri-implantale fornendole un colore naturale: questa particolarità riduce il rischio di inestetismi nei biotipi gengivali sottili o nel caso di riassorbimento della corticale vestibolare dell’osso, situazioni in cui il colore grigiastro di una fixture in titanio potrebbe trasparire. Qualora si verificasse un caso di recessione gengivale con esposizione del margine vestibolare, l’abutment può essere ulteriormente preparato, come un moncone su dente naturale, in modo che l’elemento possa essere riadattato e, quindi, nuovamente riabilitato. Il particolare trattamento della superficie implantare assicura un alto livello di osteointegrazione; i tessuti molli, inoltre, seguono un adattamento naturale.
Kahal et al.20 hanno confrontato l’osteointegrazione nelle scimmie di impianti cilindrici in ossido di zirconio con quella di impianti cilindrici in titanio a un anno dal posizionamento: l’analisi istologica non ha presentato differenze statisticamente significative. Langhoff et al.21 hanno considerato il grado di osteointegrazione di diversi impianti comunemente reperibili sul mercato: gli impianti in zirconio, a due settimane dal posizionamento, hanno presentato un livello di osteointegrazione superiore del 20% rispetto agli impianti in titanio; essa è risultata maggiore anche dopo quattro settimane per poi sovrapporsi, dopo otto settimane, al grado di osteointegrazione dell’impianto in titanio preso come riferimento, dotato di superficie sabbiata e mordenzata. Depprich et al.22 hanno confrontato il livello di osteointegrazione di alcuni impianti in zirconio con quello degli impianti in titanio in vivo, posizionando un totale di quarantotto impianti nella tibia di dodici maiali. Le indagini istologiche a una, quattro e dodici settimane hanno mostrato un grado di osteointegrazione paragonabile tra i due tipi di impianti: le differenze sono risultate statisticamente non significative.
Il collo della fixture utilizzata negli interventi è caratterizzato da microscanalature che favoriscono la disposizione dei gengivoblasti, a cui consegue un adattamento gengivale adeguato grazie al valore di rugosità media > 0,5 µm. La sovrastruttura protesica, invece, si presenta non trattata, lucida.
La formazione di una barriera rappresentata dalla mucosa peri-implantare è importante al fine di proteggere l’interfaccia osso-impianto da possibili infezioni batteriche; questa interazione tra fixture e tessuto molle è analoga all’attacco epiteliale che esiste tra dente e tessuti periodontali23. In questo modo si contiene sensibilmente il deposito di placca e, di conseguenza, si verifica una riduzione dell’infiammazione dei tessuti molli peri-implantari, un fattore di rischio responsabile del possibile fallimento del trattamento riabilitativo.
Questo materiale ha dimostrato di possedere un’elevata biocompatibilità: Scarano et al.9, in uno studio condotto su conigli, valutarono la risposta ossea a un mese dall’inserimento di venti impianti in zirconio. Si notò una nuova formazione di osso intorno agli impianti e un grande quantitativo di osteoblasti in stretto rapporto allo zirconio. Non vennero rilevate cellule infiammatorie, confermando l’alta biocompatibilità e osteoconduttività degli impianti in zirconio. Ichigawa24 ha verificato che un impianto in ossido di zirconio, posizionato a livello sottocutaneo, ha determinato solo un ridotto infiltrato infiammatorio. Altri studi in vitro25-28 hanno confermato che l’ossido di zirconio non presenta alcun effetto tossico5, né effetti oncogeni. Inoltre, l’assenza di metalli rende l’impiego dell’impianto in zirconio particolarmente adatto nei pazienti affetti da allergie.
Conclusioni
La ricerca e lo sviluppo scientifico nell’ambito dei materiali ha determinato un’evoluzione dei primi impianti in ossido di alluminio, portando alla comparsa di una nuova famiglia di impianti ceramici monocomponente composti di ossido di zirconio, i quali presentano notevoli vantaggi sia estetici sia funzionali. Grazie alla forma one-piece si elimina l’effetto causato dal micro-gap tra abutment e fixture, evitando così un riassorbimento osseo verticale che può rivelarsi causa di inestetismi. Risulta fondamentale, inoltre, tenere in considerazione il fatto che l’utilizzo di struttura monocomponente necessita di un’appropriata selezione dei pazienti, in quanto deve essere posizionata con un’inclinazione corretta, e una sua eventuale correzione tramite fresaggio dell’abutment è piuttosto limitata. In letteratura non sono ancora presenti casistiche con follow-up a lungo termine; tuttavia, i risultati dei casi clinici presentati da altri autori e quelli gestiti nel reparto di Implantologia della Clinica Odontoiatrica dell’Università degli Studi di Milano sono molto incoraggianti.
In uno studio di Oliva et al.29, il follow-up a un anno ha indicato un successo pari al 95%, senza riportare alcuna frattura degli impianti.
L’elevata resistenza alla flessione e alla rottura, la buona elasticità, le ottime proprietà meccaniche, ridotta capacità di proliferazione batterica sulla superficie, la fase protesica semplificata e l’ottima integrazione tissutale ed estetica sono tutti presupposti affinché l’ossido di zirconio stabilizzato all’ittrio diventi il materiale di riferimento in campo implantologico.
Corrispondenza
dottor Adriano Giussani
Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche,
Reparto di Implantologia
Via della Commenda, 10 – 20122 Milano
e-mail: adriano.giussani@gmail.com
• Andrea Enrico Borgonovo
• Adriano Giussani
• Marcello Dolci
• Rachele Censi
• Oscar Arnaboldi
Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche,
Direttore: professor Franco Santoro;
Reparto di Implantologia,
Responsabile: professor Carlo Maiorana
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