Questo aggiornamento presenta due modalità di approccio clinico alla riabilitazione di pazienti giovani in fase di crescita affetti da grave ipodonzia, focalizzando l’attenzione sul tema ancora molto dibattuto dell’utilizzo precoce di impianti dentali osteointegrati.
Riabilitazione implantare in bambini affetti da displasia ectodermica: case report e revisione della letteratura
Implants in children with ectodermal dysplasia: a case report and literature review
Kramer F-J, Baethge C, Tschernitschek H. Clin Oral Impl Res. 2007;18:140-146.
Nel presente studio vengono discusse le problematiche relative all’inserimento di impianti dentali in bambini affetti da displasia ectodermica, prendendo in considerazione un caso clinico e analizzando le informazioni a riguardo presenti in letteratura.
Le gravi ipodonzie si verificano molto raramente nei bambini e il più delle volte sono legate a malattie genetiche come la displasia ectodermica (ED), una rara sindrome congenita che si stima colpisca 7 bambini su 100.000. Tale sindrome è caratterizzata da uno sviluppo non omogeneo delle appendici epidermiche e da alterazioni a livello di unghie, capelli, denti e ghiandole sudoripare.
Una sua diagnosi nel periodo neonatale risulta talvolta difficile, poiché i primi sintomi che si manifestano sono i capelli radi e l’assenza di denti, caratteristiche presenti anche nei bambini sani. Nel corso dei successivi mesi di vita si verifica una diminuzione della produzione di muco nel tratto aereo-digestivo per l’assenza di ghiandole secernenti, che può portare a infezioni croniche del tratto respiratorio superiore, otiti, disfagia e bronchiti. A ciò si aggiungono malformazioni facciali che includono ipoplasia del mascellare, labbra prominenti e rughe lineari intorno agli occhi. Nei casi di displasia ectodermica anidrotica o ipoidrotica si verifica, inoltre, una riduzione o assenza di sudorazione, che determina disfunzioni della termoregolazione.
A livello del cavo orale, la displasia ectodermica si manifesta con un’ipo- anodonzia e un’alterazione della morfologia dei denti, che risultano di forma conoide e di dimensioni inferiori alla norma. Si stima che i denti più conservati della dentizione permanente nei pazienti affetti da tale sindrome siano gli incisivi centrali superiori, i primi molari superiori, i primi molari inferiori e i canini mascellari. Nel presente studio viene analizzato il caso di un bambino affetto da ED con grave ipodonzia: nella dentizione decidua erano presenti solo gli incisivi centrali superiori, mentre nella dentizione permanente erano presenti solo gli incisivi centrali superiori e il germe del primo molare inferiore destro. Raggiunta l’età di 8 anni è stato deciso di inserire due impianti osteointegrati per migliorare le funzioni orali e per evitare al bambino handicap psico-sociali. Essi sono stati posizionati nella regione dei canini della mandibola, utilizzando viti implantari cilindriche sommerse di diametro 3,75 mm e di lunghezza 13 mm (figure 1 e 2). Dopo tre mesi gli impianti sono stati scappucciati per la successiva procedura protesica. L’arcata inferiore del piccolo paziente è stata riabilitata tramite una protesi totale ancorata a una barra posta sui due impianti, mentre l’arcata superiore è stata riabilitata con una protesi totale convenzionale (figura 3). Il risultato si è rivelato del tutto soddisfacente, avendo garantito ai genitori la possibilità di ampliare notevolmente la dieta del bambino (figura 4). L’inserzione di impianti in bambini e adolescenti affetti da displasia ectodermica associata a grave ipodonzia è tuttavia legata a numerose problematiche. In primo luogo gli impianti, allineati ai denti adiacenti non partecipano ai processi di crescita delle ossa mascellari con conseguente possibile anchilosi e dislocazione nelle varie dimensioni dello spazio, mentre i germi dei denti adiacenti agli impianti subiscono cambiamenti morfologici e disordini dell’eruzione.